Lettera aperta a Dario Fo

Dario Fo in un’intervista al Corriere della Sera parla del suo rapporto con il Movimento 5 stelle. Trovo scandaloso la sottovalutazione dell’atteggiamento violento dei grillini e, in particolare, dell’attacco sessista contro la Presidente della Camera e contro le deputate del Pd. Certo, il premio Nobel si dice lontano da un linguaggio troppo aggressivo e violento, ma si tratta di un accenno fuggevole.

Laura Boldrini, o meglio la sua caricatura, nel sito di Grillo, siede in macchina accanto ad un uomo. La domanda fatta agli utenti della rete è questa: “Cosa fareste in macchina con la Boldrini?”. È una frase spiritosa come hanno sostenuto alcuni deputati penta stellati e persino qualche deputata? No, è l’invito a sbranare la donna sì in quanto Presidente della Camera ma soprattutto in quanto donna. Non si poteva non immaginare i commenti che ne sarebbero venuti fuori: Casaleggio conosce certamente la rete e sa come farne venire fuori anche l’immondizia più nera. In tutto questo c’è un salto di qualità: si va molto al di là della spinta e persino dello schiaffo.
Ha ragione la Boldrini che ci si trova tra degli stupratori potenziali. La correzione poi è altrettanto negativa della prima offesa: “Stai tranquilla Laura che non ti succederebbe nulla”. Ci muoviamo sul piano dell’offesa sessista più spregiudicata. Si colpisce la Boldrini per la sua bruttezza e la si irride. In realtà Laura Boldrini è poi una donna piuttosto bella ed interessante, ma questo non conta. E della gravità del fatto il nostro Premio Nobel sembra non avere capito nulla.

Ancora più grave è il sostegno dato da Dario Fo alla richiesta di impeachment: dobbiamo ricordare a chi è innamorato della Costituzione più bella del mondo che quest’ultima prevede la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica solo per alto tradimento verso la Costituzione stessa e la Nazione. È alto tradimento l’essersi ricandidato alla Presidenza dietro la pressione di tre quarti del Parlamento che glielo chiedeva in ginocchio? È alto tradimento l’avere firmato la grazia per Sallusti che ha impedito al Giornale una becera campagna stampa contro la soppressione della libertà di informazione? Si può essere d’accordo o meno con le azioni di Napolitano, ma vanno tenuti distinti i piani. Del resto Fo ha sempre avuto una forte propensione per i regimi totalitari e questo spiega il suo integralismo. Lasciamo perdere i trascorsi giovanili che non vogliamo neppure precisare, ma Dario Fo non era a favore del terrorismo palestinese più spietato e nemico di Arafat contro il quale il nostro premio Nobel aveva preso posizione? Non era a favore di quella rivoluzione culturale cinese che tra morti ammazzati e quelli per carestia ha fatto circa settanta milioni di vittime (secondo un dato ufficiale del governo cinese)? E non aveva costantemente sottovalutato le azioni dei terroristi rossi? Comunque Fo è in buona compagnia: Gian Luigi Paragone, il più becero e squallido tra i nostri presentatori televisivi, già in quota Lega e oggi più che vicino a grillini, forconi e contestatori vari, non promuove sul La7 una campagna a favore di questi ultimi che va molto al di là di una scelta personale di conduttore ma si trasforma in un’impropria campagna di agitatore politico pseudo ribelle e qualunquista? Anche Formigli e Santoro, con una ben altra dignità e tenuta che vanno loro riconosciute, continuano a sottovalutare gli atteggiamenti eversivi e a dare spropositati spazi a gente come Becchi ed affini. Solo la Gruber sembra mostrare una decisa imparzialità che pure non nasconde giustamente le sue simpatie politiche di sinistra.

Concludiamo ripetendoci: gli intellettuali italiani oscillano spesso tra servilismo e ribellismo. Sono stati per Stalin, Mao, Khomeini e Pol Pot, hanno spesso se non giustificato, almeno sottovalutato, i crimini dei compagni che “sbagliano”. Dario Fo è uno tra i principali interpreti di una cultura astratta e ribellistica, spesso attratta da pseudo rivoluzioni e populistiche rivolte: ma l’accettazione dell’impeachment per Napolitano mi sembra soltanto sua e ci fa capire l’infantilismo politico del nostro premio Nobel esattamente speculare alla sua vis comica.

Umberto Piersanti

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