La morte rosa di Luigi Fontanella. Recensione

di Rossella Frollà

La morte rosa
Luigi Fontanella
I quaderni de la Collana
a cura di Maurizio Cucchi
Prefazione di Maurizio Cucchi

Rosa è il colore di questo libro di poche pagine, elegante e raffinato. Quasi che la morte si vesta di grazia e dell’amore che le resta per compiere la metamorfosi. Rosa appare l’esperienza luminosa della vita che esce dal nascondiglio del Silenzio e lì torna. Luminoso e oscuro l’ossimoro dell’esistenza prelude all’intuizione della fine mai svuotata di senso e di speranza e riconosciuta e amata e accettata col disincanto dell’età. In miniatura osservata da lontano. Scorrono le dissonanze dolci e malinconiche sulla scia di nostalgie crudeli e tenerezze salvaguardate. Ogni gioia ferita dalla memoria trascina con sé il rosa del ricordo e l’intuizione dell’Eterno. La lirica sfumata tra il sogno, la fisicità e l’eros non riferisce l’assenza paurosa del Dio ma le misteriose risonanze del fine. Il «ritmo azzurro» si perde nelle onde senza risacca, «È allora che l’Eternità sposa il Silenzio». La sfida è col tempo, i confini e l’orizzonte sotto la «pioggia innominata» dove audaci i seni come bandiere restano «in un limite reale».

Il senso del fine e della fine aleggiano come sigillo e libertà in un ossimorico rapporto con l’esistenza e con l’Essere: «Un incanto le tue mani/che stanno per mutarsi in rondini.». La precarietà d’ogni cosa è il suo quotidiano sopravvivere: «ogni istante sarà frantumato/nell’immobilità degli occhi./Il nostro bacio è cascata/d’acqua che riscatta/il miracolo dei sopravvissuti.». Il Silenzio torna a parlare con gelido brillare dal suo guscio. «L’ago/segna la rotta/sulla sua fronte intatta.», la dimora di tutto è la fermentazione di ogni cosa che si ripete nella evanescenza e nella impalpabilità del tempo. E semplicemente «il tempo non continua», restano il nostro gesto e il nostro atto come risonanze che trascinano per sempre azioni ed emozioni fuori dal tempo muto dove più nulla è la fisicità e prende corpo l’ignoto. L’ignoto sorprende ogni atto quotidiano, ogni menzogna, il miracolo di ogni grazia come un battito d’ali infinito. L’evocazione dell’assenza, del nulla si contrappone alle rêveries di ciò che obbedisce al misterioso ripetersi sulla soglia, al cristallizzarsi eterno delle onde che muovono la significazione tematica della fine e del fine in un armonico ritmo lirico. Un linguaggio lineare fatto di contrasti e di tenere pronunce porta l’uomo al di là delle mutevoli apparenze cicliche della vita. Riappare l’humus de L’adolescenza e la notte e il tenero e fragile modo di morire a noi stessi per risalire il Silenzio, le profondità del vivere e del morire. Il valore semantico dell’intuizione è sconfinato e irraggiungibile come il Silenzio nelle sue tempestose e friabili risonanze. Dai versi di una poesia di André Breton accade che la parola contagia e permea e cura un’altra parola quella del nostro autore e si fa retentissement, fantasia di un’altra voce senza più conflitti tra il Silenzio e la parola dominante.

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