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Ponte di Jaroslaw Mikolajewski

Jaroslaw Mikolajewski (www.facebook.com/mikolajewski.jaroslaw)
Pubblichiamo il poemetto Ponte del poeta polacco Jaroslaw Mikolajewski, con la traduzione di Leonardo Masi.
JAROSŁAW MIKOŁAJEWSKI
PONTE
nel 41° anniversario del ponte e della Polonia campione del mondo
Poesie di Umberto Piersanti in tedesco
Pubblichiamo due poesie di Umberto Piesanti in tedesco, traduzione di Piero Salabè.
(Mi commuove il ragazzo immortale)
Es rührt mich der unsterbliche Junge
im hellen Januarlicht
wie leicht er wandelt, Göttern gleich,
das zarte Mädchen auf seinen Schultern.
Habe ihn sprechen gehört, mit lauter Stimme ,
zu den Jungen, die in ihren Mänteln und Jacken strahlten;
er schüttelt sich jetzt die langen Haare. in sein Lachen
hakt sich die Freundin ein, auf dem schmalen Weg.
Auch du kamst hinein verstohlen
zusammen mit den anderen, mit Worten und Taten
die schon Geschichte sind, wie das letzte Spiel.
Unbekannt das Ziel
und die Zeit, die dich überragt.
März 1973
Due poesie di Bella Achatovna Achmadulina
Bella Achatovna Achmadulina (Mosca, 10 aprile 1937 – Mosca, 29 novembre 2010) è stata sicuramente una delle voci più interessanti della poesia sovietica. Di padre tataro e di madre italo-russa, insieme al primo marito Evtusenko, a Voznezenskij e Rozdestvenskij, appartiene alla generazione poetica del disgelo che aveva permesso libertà di ispirazione e il distacco dalla retorica ufficiale del periodo stalinista. La sua figura poetica può essere considerata l’espressione di quel fenomeno tipicamente sovietico del divismo letterario. L’Achmadulina ha portato avanti un’originale ricerca sul linguaggio, guidata dalla purezza espressiva e dalla funzionalità simbolica della parola. Anna Achmatova e Marina Cvetaeva furono sempre un punto costante di riferimento per la poetessa e spesso affiorano nei suoi versi. Come i grandi romanzieri russi dell’Ottocento, il cui stile fu assorbito dalla poesia del Novecento, l’Achamadulina ricrea atmosfere concentrandosi sui gesti, sul particolare di un oggetto come aveva fatto Anna Achmatova. Ha ricevuto il Premio di Stato in Russia nel 1989,il premio Nazionale di Poesia Nosside in Italia nel 1992; il Premio Triumf in Russia nel 1993; il Premio Puskin in Germania nel 1994 e il premio LericiPea 2008 per l’opera poetica.
Si propongono in traduzione due sue poesie Di donne georgiane i nomi e La Georgia in sogno. Testi meni noti che hanno come tema la Georgia, la terra cui Bella Achmadulina si sente profondamente legata da un rapporto quasi viscerale: per lei la Georgia è un marchio nel suo patrimonio genetico che spesso affiora con grande intensità nei suoi versi. La Georgia non è solo un mondo onirico, che riaffiora dall’inconscio, ma una realtà fatta di suoni, come i nomi delle donne georgiane che si librano nell’aria, di sapori e profumi come quello della vite che ritroviamo in entrambi i testi e di paesaggi.
È anche luogo mistico e spirituale in cui la poetessa entra in comunione perfetta con Dio cui si affida totalmente e che loda nel suo manifestarsi nella sacralità della chiesa di Svetitskhoveli, le cui pietre rappresentano la pietra angolare sui cui si fonda la cristianità ortodossa georgiana.
di Marzia Dati
Сны о Грузии
Сны о Грузии – вот радость!
И под утро так чиста
виноградовая сладость,
осенившая уста.
Ни о чем я не жалею,
ничего я не хочу –
в золотом Свети-Цховели
ставлю бедную свечу.
малым камушкам во Мцхета
воздаю хвалу и честь.
Господи, пусть будет это
вечно так, как ныне есть.
Пусть всегда мне будут в новость
и колдуют надо мной
родины родной суровость,
нежность родины чужой.
1960
La Georgia in sogno
La Georgia in sogno– ecco la felicità!
E verso il mattino così nitida
è la dolcezza dell’uva,
ispirate sono le labbra.
Non è questo che rimpiango,
nulla io desidero –
nella dorata Svetitskhoveli[1]
accendo un’umile candela.
Alle piccole pietre di Mtskheta
Rendo lode e onore.
Mio Dio, fa che sia così come
adesso nei secoli dei secoli.
Fa che sempre a me siano note
e che mi ammalino
della nazione natia la dolcezza,
della nazione straniera la tenerezza.
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Tagged marzia dati, poesia, poesie, poesie Bella Achatovna Achmadulina
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Poesie di Víctor Rodríguez Núñez (2): Treni, Autoritratti, Istantanea
Pubblichiamo altre tre poesie del poeta cubano Víctor Rodríguez Núñez tradotte da Emilio Coco.
Treni
A María Isabel Borrero
e così correva il treno immobile
Pablo Neruda
Da quando sono nato
per caso alla morte
feroci
e solo per me
tutti i treni fischiano
Quelli da bambino erano convogli di zucchero
cubetti di legno in fila nel portone
stridendo sul binario
che lasciano le lumache
lentamente ubriache
che rotolano verso la purezza
come colombe nere
sopra un cielo segnato
da lampi dolci
che mangiano le formiche
Su un treno mi allontanai dalla collina
dove oggi non c’è la mia casa
– né il cane color sporco che mi abbai
né il nonno falegname
ancor meno la nonna col suo ago difficile –
solo mamma sveglia
qualche odor di banane
ceneri e cipolle
mio fratello distratto
e quattro vecchie tavole d’inverni e di stanchezze
rose artificiali
una radio col mio nome
e quel diavolo di puledro che lotta con il ragno
Persino
nel 70
fui frenatore pazzo
conduttore per finta
con la lanterna accesa dalla pioggia
di treni sonnambuli che violentavano l’ombra
desiderabile di ogni alba
Me ne andai quando caddero stelle sui miei occhi
quando le parallele si interruppero
lì
nell’infinito
– nudo di rugiada
di polveri procurate in funerali e ponti
Poi salii su vagoni
che mi portarono
sempre
dalle ossa al sole
da gennaio a dicembre in primavera
dall’onda alla nuvola che s’annida in collina
dalla luce alla pietra
dall’acqua fino al silenzio
da una scalcinata
brutta
e sporca stazione
alla chiamata
Stazione Speranza
Poco fa un treno
mi allontanò dall’amore
– e dovetti
nonostante
essergli grato per la baia
colma di luci
delle navi che dormono
e che si sveglieranno senza incubi
E più tardi una palma
sopra la terra rossa toccata dal trattore
una casa rotonda con laguna
le canne che fioriscono
e il recinto di filo spinato appeso a un airone
Adesso questo treno
per niente vertiginoso
mi avvicina alla città
dalle mie nozze di schiuma
Dal vagone ristorante
prendo birra scura
uova di cioccolata
cuori dorati
che scricchiolano tra i denti
il mio pane di solitudine
Nella città mi aspetta una donna
e nella donna
un figlio
Un giorno partirà l’ultimo treno
Un convoglio trasparente
senza ruote materiali
senza fumo né suono
Sono sicuro
Sarò l’unico passeggero
Mi siederò al mio posto
violento fischierò
Così restituirò quello che mi hanno dato
questi treni maledetti
Da quando si è fatto buio
per necessità alla vita
teneri
e solo per lui
tutti i treni fischiano
Poesie di Víctor Rodríguez Núñez (1): Favola e Prologo
Pubblichiamo qui e in successivi interventi alcune poesie, tradotte da Emilio Coco, del poeta cubano Víctor Rodríguez Núñez.
Víctor Rodríguez Núñez
Poeta, giornalista, critico, traduttore e professore universitario cubano. Tra le sue raccolte di poesie troviamo: Cayama (1979), Con raro olor a mundo (1981), Noticiario del solo (1987), Los poemas de nadie y otros poemas (1994), El último a la feria (1995), Oración inconclusa (2000), Actas de medianoche I (2006), Actas de medianoche II (2007) e Tareas (2010). Sono state pubblicate varie antologie della sua opera, tra le più recenti: Todo buen corazón es un prismático (Città del Messico, La Cabra-UANL, 2010) e Intervenciones(Santander, La Mirada Creadora, 2010).
In inglese è apparsa, nella traduzione di Katherine M. Hedeen, l’antologia The Infinite’s Ash (Londra, ARC, 2008). Sono state anche tradotte ampie scelte della sua poesia in tedesco, sloveno, francese, ungherese, olandese, portoghese, svedese e russo. Ha ricevuto i premi di poesia David (Cuba, 1980), Plural (Messico, 1983), EDUCA (Costa Rica, 1994), Renacimiento (Spagna, 1999), Leonor (Spagna, 2006) e Rincón de la Victoria (Spagna, 2010). Negli anni 80 è stato redattore e caporedattore della rivista ElCaimánBarbudo, dove ha pubblicato numerosi lavori su temi culturali. Ha compilato le antologie della sua generazione: Cuba, en su lugar la poesía (Città del Messico, Universidad Autónoma Axcapotzalco, 1982), Usted es la culpable (L’Avana, Abril, 1985) e El pasado del cielo (Medellín, Alejandría, 1994). È l’autore della monografia Cien años de solidaridad:Introducción a la obra periodística de Gabriel García Márquez (Premio Enrique José Varona, Cuba; L’Avana, Unión, 1986). Ha selezionato e ha scritto il prologo per l’opera dello stesso autore, La soledad de América Latina: Escritossobre arte y literatura, 1948-1985 (L’Avana: Arte y Literatura, 1990). Ha realizzato edizioni critiche e studi su poeti ispanoamericani quali Julián del Casal, Dulce María Loynaz, José Coronel Urtecho, Emilio Ballagas, Cintio Vitier, Francisco Urondo, Fayad Jamís e Juan Gelman, tra gli altri. Ha tradotto dall’inglese in spagnolo, in collaborazione con Hedeen, libri di Mark Strand, Margaret Randall e John Kinsella, e dallo spagnolo in inglese, di Juan Gelman, Ida Vitale e Juan Calzadilla. Dottore in Letteratura Spagnola presso l’Università del Texas in Austin, è professore della stessa materia presso il Kenyon College, Stati Uniti.
Tra le varie dichiarazioni di poetica disseminate da Víctor Rodríguez Núñez nella sua opera, ci piace ricordare quella contenuta in alcuni versi che appartengono alla poesia Notti dove l’autore si dipinge “orfano di lirismo, razionale e freddo autore di versi nudi e mal tagliati, con poca freschezza e immaginazione, assenza di paesaggio e di metafore”. Dobbiamo credergli? Solo in parte, perché se è vero che la sua poesia non divaga e non si distrae in inutili acrobazie stilistiche, è ugualmente vero che la cruda realtà viene da lui plasmata favolisticamente fino a risolvere il tutto in trasparenti e poetiche leggende delle ore, dei fiumi, dei treni, degli uomini, delle stagioni, delle città, delle foreste che vengono liberati dalla loro corposa e ingombrante verità quotidiana e riscattati in mito. Ne scaturisce una equilibrata osmosi di favola e realtà, di mitiche tentazioni e realistiche e autobiografiche urgenze, una magica e insieme terrestrissima poesia in cui non si può non avvertire l’influsso dei grandi scrittori latino-americani, primo fra tutti Gabriel García Márquez alla cui opera il Nostro ha dedicato pagine indimenticabili.
Emilio Coco
Favola
A Ernesto Román Orozco
Quell’uccello mangia
il silenzio con grandi becchettii
lo cerca tra le foglie più disfatte
ed è un brivido
sopra l’unico ramo della sera
Poi alzerà il volo
sarà nube veloce
sopra montagne azzurre
dove solo fioriscono
mia madre e le stelle
Sarà il canto le viscere
l’occhio senza padrone
quel che diventa polvere
pietra che si dissangua
contro l’arco di piombo dello sparo
Benché lo stesso uccello poi ritorni
rinato dalla cenere e dal fumo
e si posi di nuovo
come un nido
sopra l’unico ramo della sera
Prologo
–a La arboleda perdida di Rafael Alberti
Quando la cometa Halley
quel vecchio malvivente dei cieli
trapassò a coltellate il ventre della notte
mia nonna
che non era ancor la nonna
di nessuno in questo mondo
sognò di avere la sua linda chioma
e mise nel mortaio sei uova di passero
che fece diventare
chissà come
polvere innamorata
per rifare il suo volto umido
alla maniera triste della luna
Ma in un altro angolo di questo pianeta
che gira come uno sciame di vespe
quando la cometa Halley
conservava di notte il coltello insanguinato
un bimbo gaditano con occhi di baia
volle pettinare la veloce chioma del cielo
col suo tridente di marinaio sulla terraferma
È dovuto passare
disperatamente
il secolo
si sono cicatrizzate le ferite della notte
il bimbo non è il bimbo
ma un vecchio
poeta dell’esilio che ritorna
la nonna non è la nonna
ma un’ape
che punge l’anima
a un altro bimbo che pettina nel ricordo
la linda chioma
di una notte del mondo
Posted in Pelagos
Tagged emilio coco, favola prologo, poesia cubana, poesie, poeta cubano, Víctor Rodríguez Núñez
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