Umberto Piersanti su La7

La7

Un editore che ha fatto fortuna con il gossip e gli amorazzi delle star.

Un direttore ambiguo e astuto che non si è mai esposto, ma che non ha mai cercato di dare una parvenza di equilibrio ai suoi programmi.

Giornalisti bravi come Formigli o scadenti come Paragone accomunati da uno spirito di totale faziosità, alla quale si accodano anche le trasmissioni del mattino e le pseudo satire di Crozza.

L’unico obiettivo: l’attacco totale e indiscriminato al PD e l’invettiva anti Renzi. Con il Fatto Quotidiano La7 rappresenta la punta avanzata della propaganda grillina.

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Il Nobel del guitto e del menestrello

Alessandro Moscè

La morte di Dario Fo è concisa, lo stesso giorno, con l’assegnazione del Premio Nobel alla Letteratura a Bob Dylan. Giovedì 13 ottobre si è avuta la riprova che il mondo letterario perde sempre più colpi. La cosa del tutto singolare è che stavolta questa oscillazione in basso viene decretata dalle istituzioni. Premetto che non amavo Dario Fo, ma neppure lo detestavo. Mi lasciava indifferente e l’ho seguito ben poco. Occupandomi di critica letteraria da più di vent’anni, so bene, però, come nell’ambiente non fosse stata accolta positivamente l’assegnazione del Nobel al guitto, al saltimbanco, mentre era considerato il poeta Mario Luzi, tra gli italiani, il più titolato a ricevere lo scettro. Non successe e ce ne dispiacemmo in molti. Un verseggiatore, un attore più che un autore, un guascone con doti eccezionali, non ha deciso il suo destino sulla pagina, ma sul palcoscenico. Fo era un autore a metà, perché molto altro e molto di meglio che un autore. La scelta dell’Accademia di Stoccolma sembrò una virata verso il mondo dello spettacolo.

A distanza di vent’anni, la vittoria di Bob Dylan conferma questa tendenza che investe l’Europa e il destinatario del Nobel, un americano. Il menestrello, il cantautore, e non lo scrittore. Non Don De Lillo o Philip Roth, ma Bob Dylan. Giorgio Caproni diceva che la poesia è già musicale, la canzone no, per questo ha bisogno dell’accompagnamento dello strumento. Alcuni testi musicali, di per sé, non hanno senso poetico, né suono, né profondità. Anzi, sono piuttosto banali, una volta presi alla lettera. È appunto l’apparato musicale che crea l’atmosfera. La Svezia sovverte questa concezione e snobba i poeti, i narratori, in favore di un cantore ambulante. Eugenio Montale non avrebbe mai vinto il Nobel per la musica, ma la giuria, seguendo il criterio alquanto discutibile di quest’anno, avrebbe potuto stravolgere i ruoli. Siamo al paradosso: il guitto e il menestrello hanno invaso un’area che non appartiene granché alla loro sfera creativa. Se la letteratura non ha più la forza persuasiva di un tempo, sia nella concezione comune che da un punto di vista editoriale, il Premio Nobel edizione 2016 le dà una mazzata tra capo e collo. Leggendo i quotidiani, da Irvine Welsh ad Alessandro Baricco, a Valerio Magrelli, a Giuseppe Conte, c’è chi si interroga sulla decisione di equiparare libri e canzoni. “È come se dessero un Grammy Awards a Javier Marias”, sostiene Baricco, ”perché c’è una bella musicalità nella sua narrativa”.

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Umberto Piersanti: è un errore il Nobel a Dylan

Articolo uscito domenica 16 ottobre sul Resto del Carlino.

Umberto Piersanti

Umberto Piersanti è un poeta e romanziere che con gli accademici svedesi ha a che fare dal 2005, anno in cui venne candidato al Nobel. La notizia del conferimento del premio a Bob Dylan lo ha a dir poco sconcertato. «Bob Dylan è certamente un grandissimo cantautore, ma le canzoni non sono poesia» è il suo giudizio tranchant. «Si tratta di un altro genere d’arte: se ne scriviamo le parole su una pagina bianca, esse perderanno moltissima della loro forza. La canzone è un intreccio totale fra parole e musica: forse allora sarebbe stato più normale e giusto assegnare a Dylan il Nobel per la Musica, se soltanto esistesse. Ora questo premio aiuterà tutti coloro che sproloquiano sull’identità poetica dei cantautori. Troppo facile, dal momento che il grande pubblico non conosce assolutamente la poesia e così molti intellettuali à la page si stanno precipitando a osannare questa scelta. Tra motivazioni politiche e tendenze populiste, il Premio Nobel sta intaccando il suo prestigio. Se si voleva premiare un americano, c’era a disposizione il grandissimo romanziere Philip Roth, che sul piano letterario resterà nei secoli ben più di Bob Dylan, il cui prestigio resterà sempre grande nel costume culturale e civile. Speriamo che il comitato di Stoccolma non continui con trovate che certo gli faranno avere qualche consenso, ma che si muovono in una direzione sbagliata, inducendo in noi un forte senso di smarrimento».

Tiziano Mancini

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Il Nobel a Bob Dylan

di Rossella Frollà

Soffiava nel vento la scelta del nobel a Bob Dylan.

Bob Dylan e Allen Ginsberg (Elsa Dorfman, Wikipedia, CC BY-SA 3.0)

Non appena lo Spirito si stabilisce nella vita di un essere, immediatamente l’immaginazione e il cuore popolare lo riconoscono e simpatizzano con l’essere che lo accoglie. Il menestrello spettinato con l’armonica in bocca racconta le storie degli uomini alla pari della grande scrittura. Non vi sono dissimulazioni nel semplice intrecciarsi delle superfici. Il materiale della vita nel suo mimetismo più sottile si sente al riparo nel suono di note e parole che vanno oltre chi le ama e le protegge. L’anima  si concede al mondo tenera e imprudente, graffiata, amata  e ferita. La dignitosa, autentica  cultura popolare cui Dylan si abbandona  è quella qualità originaria della poesia che non teme e non può temere l’abbraccio con la musica  in un  tutt’uno che  si eleva a valore più alto, si fa segno universale, forma d’arte, alla pari di quella letteraria. In molti (Francesco De Gregori, Guccini, Mogol, …) hanno felicemente accolto questo inusuale, inusitato riconoscimento alla canzone che a pieno titolo entra nella Letteratura. E Dylan con le sue scelte sorprendenti, con cuore e genialità ha permeato la storia del secondo Novecento fino ad oggi. Quando l’anima e lo Spirito possiedono le stesse memorie, allora , i ricordi e le conoscenze nutrono, acquistano grande valore e le storie si fanno fuoco alto, bello dei suoi tanti volti. Così Dylan  con la sua voce, con le sue note e le sue parole ci mostra il nostro vero volto, quella rete di qualità che ci portiamo dentro dall’infanzia, il chiarore originario fortemente percepibile da chiunque. In questo Dylan  è universale. Si avverte nei suoi versi l’identità delle ombre intime, le freddezze e le storie dei silenzi. I suoni nascondono lo stesso mistero di tutti, i dubbi, e il nascondiglio da cui provengono è il sé che risale la coscienza e si concede al mondo schietto e genuino, per un magico destino che lo vuole sognatore errante, avversario di ogni indifferenza. Quelle spine spezzate in modo distratto e sgarbato, innocenti e poi mature con più dolore hanno raccontato il mondo.

The times they are a-changin (1964)  obbedisce alla segreta potenza della poesia, alla sua pressione. La forma è l’abitazione stessa della vita. E così l’anima cede la sua parola. Come non pone ostacolo la dolce chiusura di un bottone a una leggera pressione delle dita, così, accumulare la conoscenza, propria degli eruditi, è «filosofia dell’avere» non del nutrirsi ovunque ci sia un’intimità con le cose, falciando l’asfalto e  immaginando l’erba.

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Lettera aperta a Carlo Smuraglia

Umberto Piersanti

Sicuramente i ragazzi di Rifondazione e affini che costituiscono le nuove leve dell’ANPI non possono sapere molto della resistenza italiana, ma Carlo Smuraglia avendola vissuta, la conosce bene. Alla Resistenza hanno partecipato i più diversi strati sociali e tutti i partiti antifascisti, dai badogliani ai comunisti. È vero, in particolare nelle zone del Centro e dell’Emilia, i partigiani garibaldini erano i più numerosi: è anche vero che furono quelli che si macchiarono di alcuni gravi crimini. Ricordiamo fra tutti l’eccidio di Porzus dove i garibaldini massacrarono i capi della brigata partigiana Osoppo tra i quali il giovane Guido Pasolini, fratello del grande scrittore. E ricordiamo ancora le varie uccisioni ingiustificate nel triangolo della morte, tra Modena, Reggio e Parma.

Tutto questo non toglie quasi nulla al valore della Resistenza che significava riprendere le armi contro il fascismo ed il nazismo, contro chi costruiva o appoggiava i campi di sterminio: i partigiani erano dalla parte giusta al di là di ogni singola azione. I repubblichini di Salò erano dalla parte sbagliata anche quando sul piano personale poteva trattarsi di qualche giovane idealista convinto di servire la dignità della patria.

Il più grande scrittore che abbia raccontato la Resistenza, Beppe Fenoglio, era un “azzurro”, militava dunque nelle formazioni monarchiche piemontesi.

Compito dell’ANPI è dunque quello di mantenere un’unità della memoria, una memoria riconosciuta da tutti che sia molto al di sopra degli schieramenti attuali e delle lotte politiche contemporanee. L’ANPI non poteva e non doveva pronunciarsi né per il sì né per il no perché questo significava entrare in uno scontro partitico, diventare fazione contro altre fazioni. In questo modo si giustifica anche l’opinione di chi non attribuisce all’ANPI una identità trasversale e nazionale, ma la configura come una parte della sinistra, magari di quella sinistra radicale che rappresenta solo il cinque per cento degli italiani.

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Bergoglio, la religione, il terrorismo

Umberto Piersanti

Secondo Bergoglio tutti gli atti terroristici derivano da una questione “soldi”. Ma i due terroristi islamici che hanno sgozzato quel tenace e mite prete sull’altare cercavano forse dei soldi? E dove l’avrebbero potuti trovare, magari nella cassetta delle offerte?

Bergoglio sostiene che la religione non ha a che fare con nessun tipo di violenza: dovremmo ricordargli le persecuzioni pagane dei cristiani contraccambiate da questi non appena hanno preso il potere? E le terribili guerre di religione tra protestanti e cattolici certamente intrecciate di motivi politici territoriali ed economici, ma delle quali la religione aveva certamente un peso? E le guerre degli aztechi non erano forse dovute alla necessità di procurarsi un’alta quantità di prigionieri da sacrificare agli dei perché il sole tornasse a sorgere? La tolleranza verso le opinioni altrui verso tesi e concezioni del mondo diverse, sono un frutto di un pensiero laico, dall’umanesimo all’illuminismo. Certo questo pensiero laico si è sviluppato all’interno di una civiltà cristiana anche attraverso una precisa contrapposizione. Nell’Islam non c’è stato nessun illuminismo, nessuna tradizione laica: inoltre non bisogna dimenticare che Maometto, a differenza di Gesù, è un profeta con la spada e fin dall’inizio l’espansione dell’Islam deve molto alla spada.

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Omofobia, terrorismo, fondamentalismo islamico

Umberto Piersanti

È indubbio che l’omofobia sia diffusa in tutti i Paesi del mondo. In vari casi diviene una vera e propria ossessione che può spingere ad atti criminosi fino all’assassinio. Vorrei però soffermare la mia attenzione su quella che può essere definita una omofobia ideologica. Ricordiamo il castrismo che condannava i gay ad una durissima rieducazione in campi di lavoro non troppo dissimili dai campi di concentramento. Tutte le religioni monoteiste condannando l’omosessualità. Le parole di Bergoglio, sicuramente più umane e comprensive rispetto alla tradizione cattolica, non intaccano una sostanziale condanna. Nell’Islam il problema si presenta in modo molto più grave, dato il suo approccio molto più rigido e cupo nei confronti di tutta la vita sessuale. Ma c’è una questione ancora più grave. L’Islam non conosce divisione tra religione e Stato, tra il “peccato” e il “crimine”. In tutti gli Stati di religione musulmana la condizione dei gay è veramente difficile: in Arabia Saudita e in Iran, rispettivamente Paesi leader della maggioranza sunnita e della minoranza sciita, la condizione dei gay diventa drammatica. Tutti ricordiamo gli impiccati per le strade iraniane colpevoli di omosessualità. L’Isis esaspera la dottrina sunnita più radicale e fa dei gay un obiettivo privilegiato al pari degli ebrei.

La strage compiuta ad Orlando da Omar Mateen non ha dunque solo una valenza psicologica, ma è anche di tipo ideologico. Al di là che si tratti di un lupo solitario o di un affiliato all’Isis, resta il fatto che Mateen aveva dichiarato la sua fedeltà al Califfo. C’è stata inoltre una precisa rivendicazione da parte dell’Isis e molti siti islamici o islamisti hanno inneggiato al massacro di Orlando come al più bel regalo per il Ramadan. Il politicamente corretto impediva nel ’68 e dintorni di parlare di omofobia castrista anche al mondo gay generalmente orientato a sinistra. Oggi il “politicamente corretto ” spinge le associazioni gay, giustamente scese in piazza, a ridurre il massacro di Orlando ad un atto di follia omofobica e a minimizzare la portata ideologica. E questo non fa bene alla causa gay e ben che meno alla verità.

Umberto Piersanti

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La visita di Rohani a Roma

Umberto Piersanti

Gli affari commerciali hanno un intrinseco valore che non può essere cancellato da un facile e astratto moralismo. Dunque non si può accusare il governo italiano per questa visita. Spetta però a Renzi ricordare all’ospite e in un modo molto più determinato di quanto abbia fatto il tema dei DIRITTI UMANI.

Quello che più stupisce è l’assordante silenzio dei ‘giornali, della televisione, dei partiti, degli intellettuali: tutta o quasi la società civile sta tacendo.
Chi ha la mia età ricorda quanto dure e pervasive erano le proteste contro lo Scià e i suoi ministri. Ogni condanna a morte suscitava a ragione proteste a non finire, sit-in e cortei, comizi infuocati. In questi anni l’Iran ha un numero di condanne a morte spaventoso, le carceri piene di detenuti politici, la pratica della tortura quotidiana e costante. La lapidazione che sembrava una prassi ormai esaurita, è tornata ad imperversare con il “moderato” Rohani. E a una donna basta non indossare il velo per essere pubblicamente frustata. Gli omosessuali sono considerati criminali.
Dove sono i nostri pacifisti, le femministe, gli omosessuali? Solo una piccola pattuglia di radicali sta oggi esprimendo l’indignazione che dovrebbe essere di tutta una società civile.

Altro elemento da sottolineare: la visita di Rohani avviene in concomitanza della GIORNATA della MEMORIA: l’Iran non solo nega l’Olocausto, ma non riconosce ad Israele il diritto di esistere. Oggi a Roma c’è un capo di stato in abiti ecclesiastici che nega quotidianamente i fondamentali diritti umani.

Umberto Piersanti

PS: Il presidente Rohani che manda a morte con disinvoltura i suoi avversari politici e fa lapidare le “adultere” è rimasto sconvolto dalla Venere nuda ai Musei Capitolini: la delegazione iraniana ha chiesto e ottenuto di ricoprire la Venere. Ancora una volta, non l’Isis, ma il governo di uno dei più importanti Stati islamici rivela tutta la barbarie di una società dominata da un bigottismo sanguinario.

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