Campi d’ostinato amore

Ripensando all’ultima fatica poetica di Umberto Piersanti, “Campi di ostinato amore”, recente vincitrice della prima edizione del Premio Umberto Saba, l’attenzione non può che concentrarsi sul titolo che offre immediatamente un’indicazione precisa di temi e contenuti.
Va da sé che la parola “campo”, qui declinata al plurale, richiama subito alla memoria immagini di vita campestre, lasciando intuire un modo di rapportarsi alla natura di tipo “bucolico”. Non possiamo del resto negare che la Natura costituisca uno dei motivi dominanti della silloge, insieme al discorso legato alla memoria (individuale e anche storica), eppure -come si vedrà – l’approccio al paesaggio naturale nella poesia di Piersanti risulta essere decisamente più complesso. Mi è tuttavia capitato di pensare agli altri significati che quel vocabolo sottintende, ovverosia, più genericamente, di spazio libero contenuto entro certi limiti, ma anche, in altre accezioni, di “campo di battaglia” o “accampamento”, o “campo semantico” ma soprattutto -ed è l’idea forse un po’ forzata ma che più mi affascina- di campo quale entità che esprime una grandezza come funzione nello spazio e nel tempo.
E mi piace partire da questa definizione, utilizzata nella fisica tradizionale, in quanto è quella in grado di dare spessore e profondità al concetto di “ostinato amore”, esaltandone in qualche modo la forza e garantendone lo status di principio o regola “universale” applicabile alla realtà spazio-temporale eppure in qualche modo trascendente la stessa realtà fenomenica. Quell’amore, inteso come attaccamento tenace alla propria terra, che mai come in questo libro significa attaccamento alle proprie radici, che definiscono l’identità attraverso le generazioni e attraverso i luoghi, richiamati a rivivere nella realtà del ricordo, dove gli spazi coesistono in una dimensione priva di tempo e si rincorrono, coincidono, si richiamano gli uni con gli altri distillando una poetica di grande forza emotiva, sacra e mitica.
Il nuovo libro di Umberto Piersanti (Campi d’ostinato amore, La nave di Teseo, 2020) è complesso, elegante, speciale. Il filo conduttore che lega indissolubilmente tutte le sezioni (Il passato è una terra remota, Jacopo, In una selva separata, Vicende, L’età breve, Primavera bugiarda) rendendole un corpo unico e solido, è il mondo delle Cesane, che ancora una volta alimenta l’ispirazione del poeta e la sua passione per la vita. Passione per la vita che questi versi rendono perfettamente:
era l’ora perfetta, / luminosa, / luminosi quei due/ lungo la strada
Rispetto alle raccolte precedenti qui è molto più forte la presenza del tema dell’infanzia, rivissuta attraverso una tensione costante, veicolata da epifanie molto diverse da quelle di un preromantico inglese come William Wordsworth, che ricercava un’armoniosa quiete, una tranquillità del cuore. Numerose sono le immagini che illustrano il mondo della natura, descritta con dovizia di particolari, dai fiori con i loro colori agli alberi, dagli insetti agli animali che popolano i boschi. Si tratta di una bellezza di tipo assoluto, ma non viene concessa alcuna possibilità a tentazioni di tipo ecologista, dalle quali Piersanti si è sempre mantenuto ben lontano. A volte, piuttosto, la natura diventa una madre spietata:
[….]
ho visto
il falco in volo
con la serpe
trafitta nella gola
dai curvi artigli,
l’estremo pigolio dell’uccelletto
che la biscia verdastra
afferra e ingoia,
[….]
Di Roberto Marconi, 2021
I ricordi se rimembranze poiché “le memorie / fitte alla gola / e se tendi la mano / quasi le tocchi” sono l’anello di congiunzione che, fondamentalmente, raccolgono in sé tutte le tematiche care di chi scrive le parole tra le virgole. Chiamiamoli per confonderli mementi allora affiorano per esclusione quando si principiano nei versi. Con doviziosa cura, che vuole la stesura sul foglio (tecnologia cara al poeta), questi tipici pensieri si approssimano alla realtà con diniego per affermare una verità inerme. Possiamo dirle immagini del trascorso che s’aggiustano per difetto/per eccesso, rivelando che il passato “magari non esiste, / non sai dove” si sia situato e solo i passi e gli sguardi affettuosi lo ripensano a ogni sfoglio di carta. Non c’è niente da fare Umberto Piersanti dà il meglio di sé quando scruta incessantemente al passato (I luoghi persi docet, come ancora prima Leopardi insegna), il presente lo è meno quando è troppo vicino.
di Luca Nicoletti
Campi d’ostinato amore: l’impressione, il sentimento immediato, suscitato da una primissima lettura di alcune poesie di Umberto Piersanti, rese note poco prima della pubblicazione dell’ultimo libro, era già quella di uno stato di grazia. Condizione inseguita e auspicata da ogni poeta, ma concessa con estrema parsimonia dagli dei che attengono alla creazione poetica. E i deserti campi misurati da Piersanti, richiamati da un titolo invero molto bello, appaiono attraversati sì in pensosa solitudine, ma non percorrendo un ozioso movimento di ritorno sugli stessi passi. Sono attraversati, piuttosto, seguendo una direzione felicemente delineata, mutante ma ininterrotta come una “calviniana” spada del sole, orientata nella notte da costellazioni capaci di comprendere un intero cammino esistenziale e di ricerca poetica.
Se lo sguardo è destino, il rito dell’incontro ripetuto, l’incontro improntato allo sguardo e all’ascolto, può creare le condizioni propizie per uno scambio empatico tra essere umano e natura, fra soggetto e oggetto, fra io e mondo. Quando si realizza questa intimità, siamo portati a dubitare dell’alterità stessa del luogo, della natura rispetto a noi, al nostro pensiero, alla nostra mente. La forma di ogni elemento naturale sembra rimandare a qualcos’altro, qualcosa di cui eravamo parte. E i segni disseminati sul territorio ci appaiono come tracce della nostra memoria, di noi stessi. Piersanti persegue, attraverso la descrizione e la nominazione esatta, precisa, quasi ossessiva delle piante, dei fiori e degli animali, il portato di un senso originario. Nel luogo elettivo delle Cesane, la campagna marchigiana degli altipiani vicino a Urbino, può svelarsi l’intersecazione fra mito e destino personale. Così il poeta, nella sincronicità dei ricordi che riaccadono senza vincoli di connessione causale, libera il luogo, e se stesso, dalla tirannia del presente (“da forestiero cammini/dentro il Presente”), e richiama i momenti vissuti dal padre soldato, dalla madre, dai nonni, e da una serie di figure reali ed emblematiche (“una diversa era/ti ha abitato”). La natura selvatica indagata con ostinazione è sì ossessione, ma anche alimento inesauribile della scaturigine creativa. Piersanti disegna la sua mitografia, richiama e ricompone la memoria, quasi mosso dall’interrogativo che Jung pose a se stesso: qual è il tuo mito, quello in cui vivi? La vicenda personale si innesta in uno spazio atemporale, attraversato dalle vicende di chi ha vissuto in un tempo che precede. Allo stesso modo il paesaggio collinare dell’Appennino, il segno onnipresente senza inizio né fine, dirige il pensiero oltre il piccolo universo locale, compensa la marginalità del luogo nella consapevolezza di un’appartenenza storica e mitica, prima ancora che geografica.
Campi d’ostinato amore (ed. La Nave di Teseo, Milano 2020)
Forse mai un titolo è stato più indovinato di quello del più recente libro di Umberto Piersanti Campi d’ostinato amore, pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo ed uscito nel mese di novembre del 2020. L’amore, infatti, inteso quale pienezza di affettività, di emozioni, pervade ogni singola lirica di questa raccolta in armoniosa unitarietà. Abbandonate le giovanili lotte ideologiche, le fughe alla ricerca dell’attimo perfetto e la lotta contro l’ineluttabile dispersione del tempo, l’autore si lascia rapire dall’affascinazione del proprio mondo memoriale: di un’infanzia felice e fatata, di quella calda nicchia, simile ad un Presepe, non a caso i genitori avevano “quei nomi immensi/ del Vangelo”, cui rifugiarsi nel dolore. L’infanzia è certamente tra i ricordi l’età più tenace, che quasi ossessiona il poeta: “terra di memorie/ l’età che s’inoltra, / di volti che s’affollano/ e vicende”. Un afflato fiabesco permea da sempre la poesia di Piersanti, afflato che non elude il riemergere di memorie drammatiche, legate alla Seconda guerra mondiale, che lo hanno visto bambino: “dalla marina salgono/ i signori del ferro/ e del fuoco/ con gli elmi calati, / tu fuori dalla Storia/ nell’abbraccio del padre/ solo e felice.”
È uscito da poco per l’editore La nave di Teseo il nuovo libro di poesie di Umberto Piersanti: “Campi d’ostinato amore“.
La scrittura in versi di Umberto Piersanti è poesia civile, confessione dell’anima e pensiero critico sull’oggi. Nei “campi d’ostinato amore” che le sue parole attraversano, il dolore della storia e quello quotidiano si intrecciano, mentre lo sguardo del poeta si posa sulla grazia che, inaspettatamente, deposita il suo germe. Alla vitalità della natura, nello scorrere dei suoi colori e delle sue stagioni, affidano le proprie speranze tanto il soldato in guerra quanto il genitore che ascolta i silenzi del figlio. L’amato altopiano delle Cesane, luogo dell’anima e motivo ricorrente della poetica di Piersanti, diventa una terra leggendaria, trasfigurata fino a “sconfinare con la Galassia”, rifugio sicuro in cui perdersi per ritrovare se stessi. Umberto Piersanti, tra i più celebrati poeti italiani contemporanei, torna, a cinque anni dalla raccolta “Nel folto dei sentieri“, con versi luminosi che celebrano la vita e l’umanità, una scrittura dell’attenzione che emoziona e suggerisce sentieri “che non sai dove conducono”.
Per ulteriori informazioni: www.lanavediteseo.eu/item/campi-dostinato-amore