Tiziano Broggiato, Preparazione alla pioggia

Tiziano Broggiato, Preparazione alla pioggia

Torna alla nona edizione del Premio “Città di Fabriano” Tiziano Broggiato, Vicenza, classe 1953, già segnalato dalla giuria tecnica del premio l’anno della sua stessa inaugurazione, quando presentò Anticipo della notte (Marietti, 2006). Con Preparazione alla pioggia (Italic Pequod, 2015) ci proietta in quello che è stato definito l’archetipo del viaggio, ma che potremmo meglio spiegare evitando tutto ciò che di turistico o avventuroso suggerisce anche involontariamente questa parola, piuttosto come percorso, o personale ricerca, quella quete per eccellenza, che è l’«ossessiva ricerca dell’enigma dell’esistenza» per usare le parole di Francesco Napoli, autore della scheda critica che conclude il libro. Ora, questa ricerca non è condotta per luoghi d’eccellenza, siti spirituali o bei paesaggi, ma nei tipici spazi del contemporaneo, dove non si viaggia ma piuttosto si transita, squallidi o anonimi locali che sono in sostanza privi delle qualità del luogo, o per lo meno dotati di un genius loci minore, perché sono situazioni di passaggio, dove le presenze umane scorrono senza calore, come i luoghi aridi di alcune poesie di Mario Luzi, stanze d’albergo o d’ospedale, treni o moli, automobili, aeroporti e altri angoli cittadini. In questo paesaggio che potremmo definire nordico, non solo per geografia ma anche per una certa temperatura dei sentimenti, estrema nel senso di collocabile ai limiti della rarefazione, con la chiarezza stilistica senza stilemi avanguardistici che felicemente lo contraddistingue, Broggiato racconta quella particolare affezione dell’intelletto per la quale, proprio in simili situazioni apparentemente vuote di senso, viene folgorato da improvvise intuizioni circa il vivere, il suo significato o la sua insensatezza. Il tono che ci rende conto di queste intuizioni è lievemente distaccato, è un tono maturo e nemmeno troppo amareggiato d’essere quasi disciolto dai legami col mondo che la sua coscienza continua tuttavia a rappresentargli. Non è tuttavia un disinteresse cinico che lo orienta, ma la tranquilla consapevolezza che prima o poi, pur nel buio più cupo, dovrà appunto manifestarsi una «luce improvvisa/ di cui non è individuabile la sorgente», cui il poeta non potrà fare altro che abbandonarsi, con la mite certezza dell’inevitabile.

Inevitabile come la pioggia. Il tema non dà solo il titolo alla raccolta, ma è il suo vero leitmotiv: e non si tratta di semplice acqua, non è l’elemento che conferisce la vita. È qualcosa di più misterioso e simbolico: è una pioggia gialla, densa, brumosa, che inonda le strade battendo infaticabile, che fa fuggire gli uccelli e le persone, come un’inquietudine che spazza via la gioia e la condivisione ma allo stesso tempo veicola qualcosa. Una pioggia che sembra malata, come lascia pensare il perturbante colore giallo, che ricorda un’arma chimica, che è sempre in agguato, come un contesto ostile dal quale occorre ripararsi, prepararsi. E forse l’unica preparazione possibile a tutto ciò che inevitabilmente piove addosso è proprio la parola poetica. Ma la parola poetica non ci parla di disperazione: sa vedere nella pioggia non tanto una calamità, ma un messaggio salvifico, come nella poesia “Bottecchia”, dove essa è detta «silenziosa e ostile», ma si rivela tuttavia «prodiga», capace di lavare dal viso insieme al sangue la violenza subita dal ciclista e antifascista Ottavio Bottecchia alle «smarrite latitudini» della strada per Peonis, come un risciacquo che oblia il male e pulisce il campo a più liete conseguenze. E più volte Broggiato ribadisce che le sue atmosfere apocalittiche, tipiche di chi comunque non rinuncia a raccontare una realtà sociale in rarefazione, come nella raccolta dall’eloquente titolo “Città alla fine del mondo” (Jaca Book, 2013), non è il racconto di una catastrofe, ma il resoconto di quella infaticabile attività dell’intelletto d’intuire la luce nel buio, la consolazione o la speranza che vi albergano e che sono legate a doppio filo alle capacità della parola poetica, in nome della quale, Broggiato dice, si viaggia, o, forse, più radicalmente, si vive.

Giulia Massini

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