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In ricordo di Antonio Prenna
Pochi giorni fa abbiamo appreso con sgomento e dolore della prematura scomparsa di Antonio Prenna, giornalista e scrittore di Filottrano, promotore di numerose iniziative culturali nelle Marche. Ad alcune di queste era stato invitato anche Umberto Piersanti, che aveva partecipato con entusiasmo e interesse.
Antonio Prenna aveva scritto delle recensioni per la rivista Pelagos Letteratura, che riportiamo qui sotto come ricordo. Era ancora in contatto con la nostra redazione, con cui scambiava articoli, libri e recensioni, in un amichevole rapporto di condivisione della letteratura e del bello. Lo avevamo sentito fino a pochi giorni prima della sua improvvisa scomparsa, anche per questo la notizia ci ha profondamente rattristati.
Alla famiglia di Antonio Prenna va tutta la vicinanza e l’affetto di Umberto Piersanti e della redazione di Pelagos Letteratura, con le più sentite condoglianze.
Articoli, interviste, recensioni e poesie di Antonio Prenna:
- Feste galanti e altre poesie
- Dopo il diluvio
- Sulla Via Provinciale per Damasco
- La vita ulteriore di Antonio Prenna
- Una poesia di Antonio Prenna
- Presentazione di ‘Cuore Cavo’ di Viola Di Grado ad Osimo
- Scritture brevi: intervista a Francesca Chiusaroli
- Tre poesie inedite e un’intervista a Daniele Martino
- Scrittura e traduzione: intervista a Bruno Osimo
- Titanic in Giardino
Foto di Antonio Prenna dal Premio Annnibal Caro, Civitanova Marche, 6 giugno 2023: https://www.youtube.com/live
Un ricordo di Piero Angela
Di Umberto Piersanti
Sono molto onorato di aver avuto un premio con Piero Angela, “L’Albero della Cultura“, promosso dall’Accademia Mondiale della Poesia con il patrocinio di WWF, ANCI, CONFASSOCIAZIONI, il 10 ottobre 2021, all’Orto Botanico di Roma.
Considero Piero Angela qualcosa di più di un grande divulgatore scientifico, ma il difensore della scienza e della razionalità in un’epoca pervasa da grandi e torbidi irrazionalismi. Tutti hanno ricordato Piero Angela, ma da quel che mi risulta solo Mario Draghi ha parlato della sua lotta contro le pseudoscienze.
In realtà, in tutta la sua carriera Piero Angela ha combattuto contro astrologia, parapsicologia, chiaroveggenza, ufologia e tanto altro che inquinano l’orizzonte culturale del nostro tempo. Ha rivelato i trucchi di chi piegava i cucchiaini con la forza del pensiero e di chi diceva di operare con le mani nude. Talora Piero Angela ha anche polemizzato contro chi nella stessa televisione contrabbandava queste pseudoscienze.
Non sono meravigliato del silenzio della Rai sul suo contrasto alle pseudoscienze: se pensiamo che Giacobbo ha avuto un ruolo di primissimo piano alla Rai, possiamo comprendere la timidezza della Rai stessa nel ricordare questo aspetto di Piero Angela. Giacobbo è l’uomo dei sentieri nel grano disegnati dagli alieni, delle foglie vaticinanti in qualche posto dell’estremo Oriente e di tante altre confuse e fantasmagoriche teorie.
In un’epoca in cui i maghi di Milano, non solo di Napoli, riescono quasi ad avere i guadagni dei medici, in un’epoca in cui la new age ci propina superstizioni da pieno Medioevo, il contrasto di Piero Angela a tutto questo è stato un atto non solo ispirato al rigore scientifico, ma alla difesa dei valori della civiltà.
Posted in Editoriale
Tagged l'albero della cultura, piero angela, premio, pseudoscienze, rai, roma, umberto piersanti
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Pensiero per Francesco Scarabicchi
L’AMICIZIA

Francesco Scarabicchi (Foto di Giandomenico Papa)
È possibile raccontare un’amicizia senza infrangere il suo valore? Impresa ardua che non intendo affrontare, spaventato dalla possibilità di sciupare la sua intimità con l’inadeguatezza della parola. L’amicizia, come l’amore, non si governa, non si sceglie. È un destino altro a farsene carico. A noi il compito di comprenderne il senso, il legame sommerso che ne conduce le gesta e ne condiziona gli esiti. Sappiamo riconoscerla, alimentarla, apprezzarla, ma non possediamo i suoi reconditi meandri, fortunatamente sottratti dalla nostra disponibilità. Dove, quindi, si forma e si manifesta l’amicizia? Là ove la ragione non ha dimora e prevale il cuore. L’innegabile bisogno di sentirsi liberi, di colmare il desiderio. In estrema sintesi, di rimanere ossessivamente bambini. A Francesco. Amico mio.
Giandomenico Papa
Francesco Scarabicchi: una voce spoglia d’ogni gravame

Francesco Scarabicchi e Umberto Piersanti
Di rado l’aspetto, insomma la figura e il volto di un autore, sembrano combaciare con la sua scrittura. Un garbo nei modi al quale fa riscontro una voce di raffinata e intensa misura, una parola non scavata, ma spogliata di ogni possibile orpello. Nel caso di Scarabicchi io questo rapporto lo vedo e lo avverto quasi istintivamente, prima di ogni analisi, di ogni discorso critico.
Una parola, la sua, limpida e alta, capace di cogliere ogni particolare del reale, dal riflusso dell’onda marina a ogni più sottile e vibrante emozione. Si è parlato di un’attenzione alla misura minima delle cose, ma dobbiamo precisare questo concetto.
Nulla accomuna Scarabicchi al “quotidiano” di certa poesia contemporanea, lombarda ma non solo: nel poeta anconetano il “particolare” è “la fibra” che sottende il reale: coglierlo, cogliere le sfumature, significa comprendere “quasi ontologicamente” l’essenza del reale, la sua verità più profonda: epifenomeno come spia di quel noumeno che tutto sottende.
Guido Monti ha riportato in un articolo sul Manifesto questa frase che gli è stata detta da Francesco Scarabicchi:” Solo chi è attento al flebile battito del mondo, può dire qualcosa dell’uomo”.
La trovo una frase bellissima che da sola ci rivela molto più di tanti discorsi la weltanschauung del poeta anconetano.
Il senso della fine, della scomparsa dentro nebbia e polvere, è un sentimento che percorre l’opera di Scarabicchi: non è mai urlo, rifiuto gridato, ma una malinconia pervasiva che pure non intacca l’amore per la luce; una luce costante e colta con straordinaria intensità: “questa luce che tocca ottobre e il mondo”.
Nella vicenda di Francesco Scarabicchi l’amicizia ha avuto un posto di grande importanza: allievo e amico di un altro grande poeta marchigiano, Franco Scataglini. Sodale di un intellettuale e critico letterario di assoluta rilevanza, Massimo Raffaeli.
Accanto alle tante raccolte tra le quali citiamo Il prato bianco, uscito da L’obliquo nel 1997 e ristampato da Einaudi, Nevicata, Il cancello, tutte motivate e mai affrettate, la sua opera di traduttore di Machado e di Lorca. E poi l’attenzione grandissima per le arti figurative: notevole il lavoro fatto sull’amatissimo Lorenzo Lotto, il pittore veneto che nelle Marche per tanto tempo è vissuto ed ha operato.
Francesco Scarabicchi ha fatto molto per le Marche e, in particolare, per Ancona, sulla quale ha scritto pagine straordinarie.
Conosceva benissimo i grandi incisori della scuola urbinate.
C’è uno scrittore fanese, Fabio Tambari, che è stato notissimo negli anni trenta, quaranta ed oltre ed oggi è piuttosto dimenticato. Aveva avuto anche traversie politiche.
Parlando con Francesco ho scoperto che lo conosceva benissimo, deve avere anche scritto su di lui.
Ecco, questo dovere della memoria, dell’amicizia, del rapporto per nulla retorico con la propria “patria poetica”, ha sempre contraddistinto il poeta, il grande poeta e l’uomo Francesco Scarabiccchi.
Umberto Piersanti
Semina per Francesco Scarabicchi
(Roberto Marconi 2021)
Sono in biblioteca, a Potenza Picena. Sono venuto prima perché volevo scoprire nello scaffale della poesia contemporanea, che curo come un giardino bambino, ancora il libro di Francesco. “Il prato bianco“, per le Edizioni L’Obliquo, lo trovo consunto come l’anno di uscita, il 1997 e costava 25.000 lire. Umberto mi telefona. Ancora mi sembra strano che per tutto questo tempo sia stato lì, con gli altri testi, in silenzio, ad aspettare qualche carezza, che qualcuno ne scambiasse una parola per una dimora. Il vaso di Pandora ho sempre creduto che nascesse qui. La copertina ingiallita resta una di famiglia, ne ha viste senza mai scomporsi. Francesco anche di persona riusciva comunque a rasserenarti. Dio solo sa quanto apprezzo per questo la quiete della neve e ringrazio la mente che me li lascia belli i ricordi, perché solo quelli fioccano. Lo conosco da chissà quanti versi, più di vent’anni ma ancora di più, forse trenta.
Una volta fu alla presentazione de “Il cancello” (Pequod 2001, due mila lire in meno), c’era Lucilio penso che fosse Grottammare … il volto, la voce, il modo, erano quelli della sua (nostra) poesia, di poche dolci parole, come un’occhiata che ti lascia almeno una densa considerazione, da meditare, il limine della vita. Sono convinto che la sua eredità risuonerà nel vuoto dei giorni. Non mi interessa sapere cosa c’è dall’altra parte quando si fa del bene qui, anche regalando un’emozione aggiunta alla nobiltà d’animo, si fa molto più di quello che si pensa. Ecco mi basta sapere questo, di questi posti consueti che Francesco ha centellinato, anche fossero solo racchiusi in una soglia, in un accessorio in una camera appena illuminata. “Indumenti da letto, le pantofole; / sul tavolo il ditale / e un uovo da rammendo”. Me lo immagino ora nell’altra stanza che ancora osserva la polvere che fa la luce e ora che passeggia sotto la mia casa: ho un campo tutto da scrivere.
Due anni fa, credo, a Recanati (tante le amiche e gli amici, accanto sempre Giandomenico) avvicinandomi a lui mi anticipò e con una mano, che si fermava paternamente al mio avambraccio, rispose al mio stesso sorriso con un Ciao.
In memoria di Francesco Scarabicchi
Ricordo di Marina Baldoni
Conosco da sempre Francesco Scarabicchi, il poeta. Di persona lo incontrai in una estate del 2010, “complice” una commemorazione di Scataglini al Parco del Cardeto ad Ancona. La sua città, di nascita e di ispirazione.

Francesco Scarabicchi e Marina Baldoni (Foto di Giandomenico Papa)
A questo incontro ne seguirono altri, per lo più convegni o presentazioni letterarie, che mi hanno permesso di conoscere meglio lui e le persone a lui vicine. La gioia di ascoltare il poeta e lo scrittore si univa a quella di poter poi chiacchierare in modo amichevole di mille altre cose. Era una persona di una grande riservatezza, eppure, ogni volta che si trovava in pubblico, la sua disponibilità all’ascolto e la sua gentilezza nel relazionarsi con l’altro erano impagabili.
Ricordo con grande affetto gli incontri organizzati in nome della Poesia, i momenti conviviali che seguivano e che proseguivano in modo meno formale il confronto sulla letteratura e sulle arti.
Capitolo ’68
In occasione del cinquantesimo anniversario del ’68, intendiamo aprire un dibattito su Pelagos Letteratura sul momento più significativo della nostra storia dal dopoguerra ad oggi.
Non c’è stato nessun periodo più esaltato o condannato: mancano, a nostro parere, ricostruzioni e giudizi equilibrati.
Ho vissuto il ’68 e gli anni attorno nella piccola Urbino, che costituiva però un punto di riferimento per un’area molto vasta che andava da Rimini a Pescara e comprendeva larghe zone dell’entroterra toscano-appenninico, marchigiano ed umbro. Allora non esistevano facoltà distaccate da Bologna, Firenze, Siena. L’Università di Urbino aveva una sua precisa importanza ed era meta di delegazioni studentesche di tutta Italia.
Mi ero laureato da poco, insegnavo alle magistrali, a avevo un rapporto continuo con l’Università come collaboratore di varie cattedre umanistiche. Alle mie spalle una serie di iniziative di tipo sia politico che culturale. Nei primi anni Sessanta ero stato fra i fondatori del Circolo Luglio ’60 che aveva organizzato una serie di manifestazioni a sostegno dei movimenti democratici spagnoli, contro la guerra in Vietnam e tanto altro.
Essendo stato in delegazione in diversi paesi dell’Est, avevo potuto costatare con i miei occhi non solo le “lacune”, come allora si diceva, ma il fallimento pressoché completo del socialismo reale. Dunque ero immunizzato da ogni fede verso quella dittatura del proletariato alla quale si rifaceva la contestazione.
Gran parte del Movimento Studentesco riponeva una totale fiducia nella Cina, in Cuba, nel Vietnam: l’URSS veniva contestata, ma si era pienamente riabilitata la figura di Stalin sulla scia delle posizioni cinesi. I ritratti di Lenin, Stalin e Mao campeggiavano nel più duro dei Movimenti Studenteschi, quello milanese di Capanna e compagni. Anche Cuba era un punto di riferimento importante: Che Guevara vissuto come rivoluzionario, libertario e martire, ancora più di Fidel.
Altro mito era il Vietnam di Ho Chi Minh e i piccoli guerriglieri Viet Cong, mito amato anche dalla sinistra tradizionale. La politica vietnamita oscillava tra Cina e URSS.
Posted in capitolo '68, Editoriale
Tagged '68, 1968, umberto piersanti, umberto piersanti '68
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Rai Storia e il femminismo islamico
Apprezzo Rai Storia, ma la puntata sul femminismo islamico è stata assurda. Come ultimo esempio di femminismo islamico una martire fallita rigorosamente vestita di nero e con il niqab che le lasciava scoperti solo gli occhi. Fallita perché la polizia israeliana l’aveva arrestata prima che potesse farsi esplodere. Essendo la polizia israeliana un po’ meno dura di Hamas che avrebbe sicuramente ucciso un’israeliana trovata nella stessa situazione, la palestinese si era salvata. Intervistata da un’ occidentale progressista con pantaloni e occhiali da sole, aveva potuto confermare la sua disposizione al martirio che non annullava il servaggio verso il maschio simboleggiato da quello stesso niqab.
Amici di Rai Storia attenzione al politicamente corretto che si trasforma in ridicolmente corretto.
Umberto Piersanti