Dopo il diluvio

Una poesia di Antonio Prenna

DOPO IL DILUVIO

Dopo il diluvio c’è chi rovista tra il fango con gli occhi lucidi

pietre preziose affiorano qui e là senza splendore

senza memoria alcuna cerco il senso di tutta questa rovina umida

il mondo bagnato e sporco le mani sporche

la coscienza anche essa incorporea e sporca

Anselm Kiefer direbbe che il presente è senza coscienza

e che l’azione dell’acqua e del fango

– lui parlerebbe di limo – completano l’opera

trovo la scatola d’oro coperta di foglie e detriti

che cercavo da quando la Grande Acqua

ha cominciato la sua strada all’indietro

assorbita dalla Serpe

che percorre le viscere della Terra

la scatola si è salvata perché la memoria

stenta a riconoscere la strada del ritorno

e si fissa agli atomi

del Gran Ventre Della Vita Percorsa Da Passaggi Inaspettati

ma senza una vera spontanea volontà

nessun teatro intorno niente maschere

solo fango terapeutico

apro la scatola con la piccola chiave d’oro

che porto sempre al collo

la chiave al collo mi ha portato sempre fortuna

infatti sono qui a raccontarlo il diluvio

la scatola è piena di banconote mezze bruciate

raccolte con il cellophane

sigari avvolti nella carta stagnola

e dei fiammiferi lunghi sparsi

libero un sigaro

lo accendo bruciando i resti di alcune banconote

mi sdraio nel fango mi godo il fumo nel tramonto sulla terra bagnata.

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Poesie di Luca Raul Martini

Luca Raul Martini

Poesie tratte da “Tra due stazioni”, raccolta di prossima uscita presso Terra d’Ulivi Edizioni.

THE OPENING NIGHT

Per tutti c’è un secondo primo concerto
quello a cui tu sei mancato stasera.
È inevitabile. È accaduto che
questo fosse il tuo. Ogni cosa è andata

come doveva. Il pianista è entrato
e si è seduto come un bambino
davanti al nero totem di legno.
Chopin è volato tra colpi di tosse.
Altri vecchi hanno fatto la fila
ai pisciatoi tra un movimento
e l’altro. Sono gli stessi con cui
ti saresti incolonnato.

                        Tu sapevi che esiste

un Merry Go Round che
non si stoppa mai ed esige vittime
vestite a festa
solo in apparenza stupite e innocenti

Devo dirti qualche cosa che non sai?
Che la musica è un enigma?
Che avevo messo le tue vecchie scarpe?
Che il ragazzo alla fine è stato applaudito
da mani artritiche?

                        All’uscita sotto

i lampioni sfuocati ho guardato
se nella fila di taxi ce n’era stupidamente
uno di più

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Tre poesie di Milena De Luigi

Pubblichiamo tre poesie di Milena De Luigi.

La sirena di Copenaghen
(All’Italia in miniatura, 26.02.2016)

La sirena di Copenaghen
languida osserva
il passaggio dei turisti.
Treccia morbida
attrai
dove non c’è il tempo
e il dolore
e tutto è immobile
come il tuo sorriso.
L’incantatrice attende
il suo Ulisse

Ma tu non senti
svanisce nell’aria fredda
tu, ti allontani.

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Tre poesie di Giulia Martini

Autunno. Tu non mi hai più
che leggo Omero nella stanza accanto:
poche scoperte da riproporti a tavola.

E nemmeno mi hai più scritto,
da quel lontano che dicesti «A presto!».

Ti resto referente immaginaria
di quelle novità che invecchieranno
non condivise.
Mi rinventi il viso,
dandomi la faccia dell’ascolto.

*

Ti tengo se vago
e se più vago dello zucchero è il sorriso –
inciso lì, tra seme e mansuetudine
che un orlo di memoria meraviglia.

Usavi essere un ecosistema –
ça va sans dire, giocavi alle savane.
Rimango sola nell’ora solare
con poca fame di quello che mandorlo.

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Tre poesie di Raffaella Bettiol

Pubblichiamo su Pelagos Letteratura tre poesie di Raffaella Bettiol.

S’inazzurra il cielo

S’inazzurra il mattino

non c’è nube ad insidiare

la chiarìa d’un giorno

che s’accende perfetto

dopo pioggia su pioggia.

Riluce ora l’ansa del fiume

da sontuosi platani cinto

e s’affolla nella mente

un brusio d’anni

ad ubriacare ricordi,

ineludibili affiorano

trame d’una tela che appare

inesauribile sui giovani volti,

sulla loro freschezza di risa.

 

Nel sole alto passano veloci.

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Incantesimi

Incantesimi

Un racconto di Lorella Cerquetti

Ieri al supermercato ho chiesto al ragazzo tutto indaffarato del reparto verdura dove fosse quella cosa per pesare, si, insomma, la cosa che pesa le altre cose, gesticolavo e puntavo le dita e lo sguardo qua e là, e lui aggrottando la fronte: “Intende la bilancia?”.
Era solo l’inizio.
Intanto che tornavo alla macchina, una ragazza con una custodia enorme che le pesava sulle spalle, una custodia rigida e sagomata, da musicista, si è avvicinata sorridendo chiedendomi dove fosse il conservatorio. Facile. Proprio qui dietro, pensai, “allora fai così, vai avanti altri duecentometri metri fino lì, poi giri subito a sinistra..” facevo segno con la mano ancora aggrappata alla busta della spesa; guardai la ragazza per assicurarmi che avesse capito, quando mi accorsi del suo sguardo tra il sorpreso e il divertito: un uomo le gesticolava davanti, le mani tese ai quattro venti senza emettere suono. Non era uscita una sola parola dalla mia bocca. La ragazza se ne stava ferma e diritta davanti a me con le labbra schiuse. Mi guardava, i suoi occhi neri o forse d’altro colore, magari verdi o blu scuro, continuavano a sorridere ma lo sguardo era un altro. Intanto io avevo la fronte tutta bagnata, la camicia azzurra che via via s’inzuppava, mi si afflosciava sulla pelle: e in me cresceva a vista d’occhio un senso di fastidio. Almeno non avesse fatto così caldo! La ragazza, sembrava divertita, cercava il mio sguardo: “è dietro l’angolo?”; mi guardava negli occhi ed esagerando con il labiale, ripeteva come si fa con i sordi pronunciando lentamente “è dietro l’angolo???…”.
Adesso aveva qualcosa di felino nell’espressione. Mi guardavo intorno ma, nemmeno una parola si presentava all’appello. Niente. Le pensavo, le parole, le invocavo, le supplicavo…..niente.
Posa con un sospiro l’enorme custodia, senza alcuna esitazione allunga la mano verso di me, con il gesto di chi si presenta e rimane in attesa con le dita energiche ed eleganti distese e aperte: “mi chiamo Alice, anch’io balbettavo da piccola, è per questo che ho cominciato a suonare..”.

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Piccola Suite del sisma

Piccola Suite del sisma
di Riccardo Canaletti

Riccardo Canaletti

una scossa

altri a dire un sussulto

un boato             un grido forte

una vibrazione informe
una sberla un calpestio
pesante, la scossa-rinculo

un petardo in piena notte.

—————————————

finita cena risaliamo
incontriamo qualche frate
per le scale. già dimenticata
la prima scossa. la luce fuori
dei lampi, s’inonda  il balcone
dalla grondaia. camminiamo
per la grande sala alla camera.

cere di santi, tavoli grandi
e dipinti pesanti alla parete.

—————————————

la camera è lasciata a sé
tra letti sfatti, i panni ammassati
sui comodini e sopra l’abat-jour

un’anta aperta dell’armadio verde
la chitarra all’angolo della stanza
senza fodera. tutto è nudo.

una luce.

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Alessandra Pellizzari: poesie inedite

Tre inediti di Alessandra Pellizzari
(dal libro di prossima uscita)

Alessandra Pellizzari

le tue ceneri
alle bocche di porto
strappate alla salsedine
vengono sospinte dalle vele affamate
verso poche braccia di terra
verde incosciente

sola
la calamita della bussola
riposa nell’urna
che rammemora la città degli addii, l’ombrosa Lugano
e la diaspora che si scriveva col sangue
sulle mani.

appena qualche battito d’ali sulle bricole affogate, ascolta,
ecco le voci di bambini, vibrano
inseguendo i silenzi dell’ora

lapidi come leggii macchiati
di muschio iridato:
resine, grumoli di papaveri, stelle, candelabri
che schiumano luci giallastre.
cipressi incastonati
parlano con le pietre deposte da mani pietose

per i tracciati di ombre, vociferano
i fogliami, scorze di cortecce
luccica di sale
il marmo.

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