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La poesia di Umberto Piersanti in svedese
Dopo importanti traduzioni delle sue raccolte in varie lingue maggiori (francese, inglese, spagnolo), viene dedicata ad Umberto Piersanti una antologia italo-svedese di prestigio e valore. Infatti le traduzioni di Ida Andersen trasportano in questa lingua germanica il canto e la tensione lirica propri dell’autore urbinate, senza soffocarne l’ampiezza d’animo né il portato semantico, ristabilendo con il testo svedese un rapporto di “fede” reciproca che è alla base del binomio “testo di partenza-testo di arrivo”. La selezione prevede una scelta di poesie disposte in maniera cronologica dall’esordio di Piersanti in poesia risalente al 1967, e cioè Frammento lirico, sino all’ultima raccolta di versi pubblicata da La Nave di Teseo tre anni fa, Campi d’ostinato amore. Lontano dal carpire le differenze di trasposizione non conoscendo ahimè lo svedese ma basandomi sulla musicalità del dettato e sul rispetto della versificazione originale che la lingua d’arrivo rispetta al minimo dettaglio, la raccolta dà una visione di insieme omogenea della poesia del poeta urbinate, soffermandosi sui momenti più importanti di un cinquantennio: i vari tipi di appercezione del tempo, il vitalismo, l’esaltazione della Natura e del mito, il legame con il figlio Jacopo.
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Tagged Ekström & Garay, ida adersen, il passato è una terra remota, poesia, poesie svedese, umberto piersanti
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Costellazione parallela. Poetesse italiane del Novecento
Un’interessante antologia, curata da Isabella Leardini per la casa editrice Vallecchi, è uscita nell’aprile del 2023 dal titolo emblematico Costellazione parallela – poetesse italiane del Novecento, introdotta da un attento ed esplicativo saggio, concernente alcune tra le voci femminili più rappresentative nel panorama della poesia del Novecento.
Questo lavoro nasce dal desiderio dell’autrice di ricordare sedici poetesse del Novecento, sottovalutate dalla critica letteraria, in quanto donne, condannandole così, salvo alcune eccezioni, all’oblio. Nelle antologie del Novecento troviamo, infatti, una scarsa presenza femminile. In particolare, la Leardini polemizza con l’antologia di Pier Vincenzo Mengaldo, Poeti italiani del Novecento (Meridiani Mondadori, 1978), che inseriva soltanto Amelia Rosselli e con quella di Sanguinetti del 69, che non ne comprendeva alcuna. Entrambe le antologie, tuttavia, nascevano dall’intento di storicizzare i canoni del secolo scorso.
È da precisare inoltre che l’antologia di Mengaldo era uscita due anni dopo la pubblicazione della raccolta Donne in Poesia a cura di Biancamaria Frabotta, con nota di Dacia Maraini, che antologizzava ben ventisei poetesse. A seguito, infatti, della rivoluzione femminista del ’68, si erano moltiplicate le iniziative editoriali e le pubblicazioni femminili.
Lo scopo principale, che si propone la Leardini, è di porre in luce, come lei stessa scrive: “un coro di voci sole in un secolo che per la poesia italiana è stato determinante proprio per la sua coralità, per la ricchezza di movimenti e di voci”.
Le autrici inserite in questo libro sono sedici: Ada Negri, Sibilla Aleramo, Amalia Guglielminetti, Lalla Romano, Antonia Pozzi, Daria Menicanti, Fernanda Romagnoli, Margherita Guidacci, Maria Luisa Spaziani, Cristina Campo, Armanda Guiducci, Nella Nobili, Mariagloria Sears, Giovanna Bemporad, Amalia Rosselli, Alda Merini.
Le campane di Silvia Bre
di Rossella Frollà
Silvia Bre
Le campane
Giulio Einaudi Editore, 2022
È una promessa di compimento «stare alla notte/e cavarne un linguaggio», la parola maturata nella spremitura. Il dettato denso, intenso, sapienziale, autentico, ha l’orecchio assoluto, non vi è nulla di superfluo. La parola costruisce sulla diminuzione per cui sembra essere preparata. È «l’origine» il patto con la parola stabilito altrove: «È da lontano che viene, e non per noi/arriva e fa pensare che fosse qui/da prima/e prima di muovere commuove/mentre sembra che cada/come accade a noi/stessa voglia di spazi, stesso firmamento/da rinchiudere perché stia vicina/perché sia imprendibile. /È l’origine.».
L’incompiuto anziché condurre alle soglie del nichilismo schiude un nuovo significato «essere stati il futuro di qualcuno». E allora il compimento è nella posterità, nell’azione creativa concreta, terrena della parola, con l’immenso slancio, «congiunta all’incompiuto, muta, immersa» nel totale affidamento al richiamo di ogni cosa, alla regola della qualità originaria che da ogni cosa grida. In questo processo evolutivo la Bre sfodera quella sensibilità capace di intuire l’azione creativa, la forza, senza fermarsi: «C’è una forza che tiene e ha una forza/che tira avanti come un animale/non chiede niente e si prolunga buia/nel suo buio venire in mezzo al mondo/travolge tutto dalle sue radici/ [… ]/averla dentro leva da se stessi/come va via da te quello che dici.».
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Tagged giulio einaudi editore, le campane, poesia, rossella frollà, silvia bre
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Memoria di Umberto Piersanti
Memoria
di Umberto Piersanti
Le parole della poesia (Vallecchi, Roma, Firenze, 2023)
Di recente è nata una raffinata collana, curata da Isabella Leardini, di preziosi libretti, scritti da alcuni dei poeti più rappresentativi, chiamati a esprimersi su parole, a loro scelta, fondanti nel pensiero e nella letteratura. Umberto Piersanti, fedele alla sua poetica, ha scelto di soffermarsi sul termine memoria: parola di grande risonanza interiore.
La memoria è stata fin dall’antichità fonte di argomentazioni filosofiche e d’ispirazione poetica, inoltre, soprattutto nel periodo in cui la trasmissione era orale, veniva divinizzata e considerata la madre di tutte le arti, le Muse, che proteggevano la vita dal nulla e dall’oblio. Il vedere, infatti, come presente ciò che è passato ha la capacità di liberarci dal tempo e un po’ dalla morte, per sant’Agostino la memoria rappresentava il ventre stesso dell’anima.
Un intenso dialogo Piersanti istaura con i poeti, che fin dalla giovinezza sono stati alla base della sua formazione, ponendo a raffronto i suoi testi, si parva licet, come lui stesso scrive, con i loro.
Lo scritto, suddiviso in sei brevi sezioni (Poesia e memoria, Memoria mitica, Infanzia, Memoria involontaria e volontaria, Infanzia e giovinezza, La memoria una umana immortalità) inizia con una frase contenuta nel romanzo L’uomo delle Cesane pubblicato nel 1994 (ed. Camunia, Milano): “Una volta passati sogni e ricordi sono la stessa cosa”. Queste parole contengono una verità profonda: i ricordi non sono stabili, si modificano nel tempo, possono portare a cambiamenti profondi, influenzati dai vari processi emotivi. E questo vale soprattutto per la memoria privilegiata dei poeti. Come scrive Giacomo Leopardi i sogni e i ricordi possono essere inquieti e dolorosi, ma la memoria li addolcisce, li riverbera in una dimensione mitica. Per il grande Recanatese la rimembranza è essenziale nel sentimento poetico, volto alla ricerca del vago e dell’indefinito. Ma la memoria può essere anche recentissima, perché, spiega Umberto Piersanti, nel momento in cui ci si accinge a scrivere, il presente è già passato come nell’idillio leopardiano Alla luna.
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Tagged parole, poesia, raffaella bettiol, umberto piersanti, vallecchi
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Il paese invisibile e il passo per inventarlo
Roberto Marconi utilizza lo stile del poema in prosa per costruire una favola moderna, improntata sulla solidarietà e l’accoglienza di un paese immaginario, modellato sulla falsa riga di quei luoghi della Marca del sud in cui è nato e in cui risiede da sempre. È il paese infatti il baricentro di questo singolare racconto poetico (Il paese invisibile e il passo per inventarlo, pref. di Umberto Piersanti, Arcipelagoitaca, pp. 113, euro 16,00), così come è stato per la vicenda esistenziale e dolorosa di un Pavese o per quella tenera e cordiale di Fabio Tombari, altro grande narratore marchigiano scomparso nel 1989. Ce ne ricorda le affiliazioni Umberto Piersanti nella raffinata prefazione che apre il libro di questo poeta e scrittore di Potenza Picena, legato ai suoi luoghi ma con un’apertura verso l’Altro che testimonia di un “cristianesimo mai esibito e mai confessionale”, sempre alla ricerca di una ostinata compassione verso chi soffre e verso chi non riceve mai “un complimento un mi piace”.
Attraverso uno stile polifonico e a dir poco originale, svariate sono le voci e le riflessioni che si susseguono in questi “appunti di vita” e che rimane d’altronde arduo collocare in un tempo ben circostanziato: ad ogni modo però non si tratta di scene anonime bensì situate in una topografia realmente esistente (Via Le Rupi, Umberto I, Largo Asciutti…) e che dimostrano un forte attaccamento alla propria terra, alle proprie origini, senza per questo tacciare l’autore come forzatamente “provinciale” o “aneddotico”: “Certo, Roberto Marconi sfugge ad una dimensione aneddotica e provinciale, ma lo fa in un modo tutto suo”, dirà infatti Piersanti.
Opere d’arte come pre-testi
“Opere d’arte come pre-testi”
di Mina Fiore
Tanto nette le premesse da cui muove questo volume – presentare capolavori d’arte delle Marche attraverso le voci di poeti legati a queste terre per origine o elezione – quanto imprevedibili e aperte le “trascrizioni” che ne nascono.
La nuova edizione del libro, arricchita dalla prefazione di Massimo Raffaeli, oltre che da una nota storico-artistica di Daniela Simoni, è dedicata alla memoria del poeta Francesco Scarabicchi – presente con un suo scritto all’interno della raccolta – e ampliata con cinque nuovi sguardi di autori su altrettante opere d’arte.
Molte vite e molte storie possono addensarsi attorno a quadri e sculture; lunghe catene di vicende e di pensieri di cui, di volta in volta, si può illuminare un frammento e, da quello, partire per ricostruire o creare una narrazione. Si può posare l’attenzione sul soggetto raffigurato, o parlare del suo autore, o mettere al centro l’oggetto fisico, il dipinto, seguirne gli spostamenti da un luogo a un altro; chi scrive può comparire in prima persona, o lasciar parlare direttamente un personaggio raffigurato. In molti casi l’opera d’arte sembra costituire un “pre-testo”, imprescindibile, per l’avvio di un flusso di coscienza che diviene autonomo.
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Tagged antologia, cristina babino, Massimo Raffaeli, mina fiore, poesia, recensione, s'agli occhi credi, umberto piersanti, vydia editore
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Lezione di meraviglia, di Daniele Ricci
La “lezione di meraviglia” – questo il titolo scelto per la sua seconda raccolta poetica, per i tipi di Pequod – di Daniele Ricci non è ammaestramento allo stupore, ma disponibilità a lasciarsi attraversare dal linguaggio, ad accoglierne l’ambiguità stupefacente: la parola libera e ingabbia; può sì far rapprendere le emozioni, addensarle, attribuir loro uno spessore, ma ugualmente è votata allo scacco nel corpo a corpo con ciò che non si può dire. Resta sempre uno scarto ultimo, un fondo di indicibile, un liquore che resiste alla cristallizzazione della sensazione nella lettera morta della scrittura, nella riduzione a logica grammaticale – e semantica – dell’alogico e asemantico sentimentale: «Mi tiro dietro uno strascico / di dolore senza fine / e non riesco a marginarlo / nella sintassi di una frase semplice». Sarà forse per questo che, dall’inconscia scaturigine della scrittura poetica di un autore che è anche insegnante e filologo, provengono soprattutto immagini marine e vitree: due marche in antitesi dialettica tra l’ingovernabile e il governato, tra l’abisso e il confine, l’eccesso e la cornice. E non è un caso che siano proprio «il dolore» e «il tradimento» a essere «di vetro»: è il dolore con e per il tradimento della lingua, amata e odiata poiché separa e ripara dal sentire, ma solo un po’, mai del tutto. In virtù della parzialità della sua azione protettiva, non risarcisce e non compensa, pur nella bellezza, la vitalità ammansita. Eppure i versi di questa raccolta sembrano anche accogliere, quasi con sentimento di fede, la possibilità che la parola non tanto «squadri da ogni lato» le cose che esistono e non si comprendono, ma faccia accadere quel che manca al e nel reale: al di fuori del dispositivo poetico, la vita non c’è, sfugge alla presa.
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Tagged carolina iacucci, daniele ricci, lezione di meraviglia, pequod, poesia, recensione
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Tempo – Excursions, la poesia italiana in inglese
Nella sua interessante prefazione all’antologia Tempo: Excursions in 21st-Century Italian Poetry (edited by Luca Paci, 2022) l’editore e nel contempo curatore dell’opera individua il motivo principale che secondo la sua interpretazione ha impedito la diffusione della poesia italiana contemporanea presso il pubblico dei lettori di lingua inglese.
Le origini di questo problema vanno ricercate negli anni successivi alla vittoria del Nobel da parte di Montale e Quasimodo, quando la traduzione della poesia italiana in lingua inglese ha perduto un po’ alla volta il posto che aveva occupato fino ad allora grazie all’impatto positivo del Nobel stesso, assumendo quindi una posizione di gran lunga marginale. Per questo motivo un’antologia della poesia italiana del ventunesimo secolo, o meglio, come recita il titolo originale “Excursions”, un percorso, una traccia da segnare per orientarsi, risulta essere quanto mai necessaria nel nostro tempo.
Luca Paci indica e motiva una serie di linee orientative che ha seguito per realizzarla.