Romanzo di una strage: verità e omissioni

Il film Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana è sicuramente un buon lavoro, sia sul piano del risultato estetico che su quello della ricostruzione storiografica. Sottolineo però due momenti, a mio parere, decisamente faziosi e scarsamente, oggettivi. Marco Tullio Giordana con un’astuzia di cattivo gusto mette in bocca alla moglie di Calabresi il dubbio se la fine di Feltrinelli sia dovuta ad un incidente o ad altro, facendo dunque supporre un qualche intervento di servizi segreti o differenti, ma affini, misteriose entità. E’ ormai risaputo che Feltrinelli è morto nel tentativo di minare il traliccio nel quale era salito: dubitare di questo è come immaginare che le due Torri siano state fatte saltare dagli americani. Anche se la Cederna e altri celebri giornalisti hanno alimentato questo falso mito.

C’è poi la responsabilità di Lotta Continua nella morte del commissario; e non parlo della verità giuridica che qualcuno può contestare: c’è stata una campagna di odio feroce continuata per anni che ha creato il clima adatto che, se non altro, ha contribuito ad armare la mano assassina, uscita fuori sicuramente nel mondo della sinistra estrema. E Marco Tullio Giordana se la cava con un titolo del giornale Lotta Continua e con una scritta nel muro, senza far vedere un discorso o un protagonista di quel clima d’odio, cosa che aveva fatto con tutti gli altri personaggi implicati nelle varie vicende di quei primi e feroci anni di piombo.

Si può non raccontare la verità anche non dicendo falsità, ma attraverso delle omissioni: e nella storia dell’uccisione di Calabresi c’è stata una grande omissione che ha nascosto agli spettatori la “verità” dei fatti.

Umberto Piersanti

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