Qual è la prima caratteristica di uno scrittore mediatico, di uno scrittore cioè amato dai media e da loro continuamente invitato? Dire le cose più assurde, fare gli accostamenti più improbabili, raccontare una serie di scemenze. Per Pietrangelo Buttafuoco Berlusconi e Monti sono simili: e sono simili, notate, in quanto sarebbero apparentemente i più diversi. Entrambi, in modi differenti, uno con il suo loden che esce dalla messa l’altro con i suoi sproloqui e le continue apparizioni televisive, non rappresentano altro che due maschere, due facce di una medesima medaglia: l’italiano furbo alla ricerca di consenso.
Comunque qui siamo ancora nel campo delle impressioni, dunque anche le più bislacche non possono essere tout court demolite. Diversa è la situazione quando si entra nel campo delle affermazioni storiche: Buttafuoco ha scritto nel Giornale che la guerra contro i briganti attorno agli anni cruciali dell’Unità italiana è costata al Mezzogiorno un milione di morti: la Prima Guerra Mondiale, la più sanguinosa e la più dura che il nostro Paese abbia mai attraversato, è costata all’Italia seicentomila morti. L’affermazione di Buttafuoco è incredibile, ridicola e totalmente priva di fondamento. I morti pesano sempre e comunque, ma il numero che si è avuto nella Prima Guerra Mondiale è infinitamente superiore a quelli procurati dalla repressione del brigantaggio. E’ vero che ad Urbino ho sentito Teresa De Sio dire la stessa sciocchezza che credo sia abbastanza diffusa tra gli artisti, gli intellettuali e i gli pseudo-intellettuali meridionali.
Tra l’altro il siciliano Buttafuoco non sa che la guerra del brigantaggio come fenomeno politico-sociale non investì affatto la Sicilia. In questa regione i sentimenti filoborbonici erano scarsissimi e il brigantaggio rimase, come dovunque, un consistente anche se limitato fenomeno di criminalità.
Diceva il poeta Marino che “del poeta il fin è la meraviglia”, ma in quel caso si parlava solo di accorgimenti letterari più o meno riusciti.
Le sparate pirotecniche dei nostri personaggi mediatici che hanno in Sgarbi il loro capofila e il loro archetipo, somigliano agli effetti speciali dei moderni cartoni animati. Non si può vedere “Un Mostro a Parigi”, che forse non è neppure il peggiore, senza essere storditi da una serie di corse, di voli, di cadute senza capo e né coda. Scomparsa la poesia che in “Bambi” ci mostrava Tippete il coniglietto ballare sul ghiaccio, la puzzola muoversi tra i fiori e il dolce cerbiatto scoprire il mondo. Tutto è affidato a una serie rutilante di immagini e suoni. Così ai ragionamenti, ai discorsi degli intellettuali e dei poeti d’antan si è sostituito il clamore, la menzogna e la banalità dei personaggi mediatici. La colpa non è solo loro ma di chi ha il potere di invitarli e promuoverli. La televisione denunciata e odiata da Pasolini era rispetto all’attuale un modello di sobrietà.
Umberto Piersanti
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