Il turpiloquio politico e non solo, uno squallore italiano

Umberto Piersanti

Negli anni della contestazione Amendola giunto ad Urbino era stato accolto dagli studenti del Movimento con questo coro: “Il Pci non è qui, lecca il culo alla Dc.”
Amendola dall’alto della sua statura fisica e morale non si scompose, li guardò, non proprio con disprezzo ma con un po’ di compassione e disgusto e disse: “Abbiamo già udito questo tipo di linguaggio, era quello degli squadristi fascisti del ’19”.

È vero, la violenza del linguaggio, il turpiloquio, l’offesa totale e sconsiderata denota una volontà di annientamento fisico e psichico dell’avversario, la volontà di non riconoscerne l’esistenza e di decretarne la fine. Questo modo di intendere la vita e la polis è sempre stato caratterizzante del pensiero politico autoritario, sia di destra che di sinistra. Usare un verbo come vivisezionare sia per quel che riguarda un animale, ma ancor più una persona anche la più negativa possibile, è indice di assoluta volgarità d’animo e di un atteggiamento violentemente autoritario. Chiamare mummie e cadaveri tutti gli avversari non è semplicemente una forma colorita del discorso, ma rimanda a un senso delle cose truce e negativo. Certo non è stato il primo Grillo ad usare il turpiloquio: in un articolo sul Resto del Carlino Sgarbi rivendicava la paternità di questo modo di esprimersi ed atteggiarsi. Ricordo una sera da Formigli nella quale Sgarbi aveva coperto di insulti gli altri e impedito ad un imprenditore di parlare. Formigli sembrava adirato, ma la volta dopo ha immediatamente richiamato il critico ferrarese. Vittorio Sgarbi ha costruito la sua fortuna sulla violenza e sull’insulto, sul paradosso elevato a sistema. Interveniva su tutto e tutti, anche nella storia e nell’economia dove sapeva poco o nulla. La sua invettiva contro l’euro non si basava minimamente su una conoscenza dei problemi; l’affermare che c’era più poesia in cinquant’anni di canzone italiana che in duecento anni nella nostra storia letteraria voleva dire solleticare l’ignoranza grassa e media del pubblico italiano per il quale i poeti sono figure nel migliore dei casi distanti altrimenti inutili e inconsistenti. Quando Sgarbi parlava di duecento anni metteva dunque nel conto anche Foscolo, Leopardi, Carducci, Pascoli, D’Annunzio, Ungaretti, Montale, Saba e tanti altri? Davvero qualcuno può credere che nelle canzoni dei nostri anni ci sia più poesia che in tutti questi autori? Accanto al turpiloquio va segnalato un atteggiamento banalmente e vilmente trasgressivo ben sapendo di non incorrere in alcuna ritorsione. Obama e la Merkel hanno fatto la fila al Colosseo e a Pompei pagando il biglietto per loro e per la scorta. Sgarbi è abituato a giungere nella notte ai musei delle cittadine seguito da un codazzo di femmine in cerca di pubblicità e di fans urlanti e farsi aprire le porte: e i suoi desideri vengono spesso accolti nella speranza di acquisire un minimo di pubblicità televisiva.

Abbiamo visto nel nostro Parlamento forconi, cappi e mortadelle, ma con Grillo siamo arrivati ad un uso sistematico della violenza verbale e del turpiloquio. I seguaci sono molti, Gianluigi Paragone porta avanti una trasmissione, La Gabbia, tra le più squallide, becere e urlate nella storia della televisione italiana. Ingiusto paragonare il linguaggio di Renzi a quello di Grillo: il tono più alto del Presidente del Consiglio è consistito nel definire sciacallo Grillo quando era entrato nelle assemblee di Piombino. Dunque bisogna non considerare il turpiloquio un vezzo, ma una vera e propria spia d’un pensiero e d’una prassi.
Non sono contro le parolacce in assoluto: sosteneva Calvino che non esistono parolacce, ma parole male usate. Dante parla di Taide della puttana dalle ugne merdose, è l’immagine giusta, ci sta: è lo stesso Dante della donna angelicata e del canto di Francesca. È l’uso improprio ossessivo e pervasivo del turpiloquio soprattutto quando s’accompagna alla minaccia e l’invettiva che mi spaventa.
Ho scritto una volta questo verso: “Noi che sognammo un mondo più gentile”; certo, questo non è il tempo della gentilezza e mai la nostra televisione e i nostri mass media premierebbero la gentilezza, ma la considererebbero banale e impotente. I mass media hanno colpe gravissime nell’imbarbarimento di tutto il sistema.

Umberto Piersanti

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1 commento a “Il turpiloquio politico e non solo, uno squallore italiano

  1. Vorrei aggiungere che soprattutto in questi ultimissimi giorni si è addiririttura cercato ad ogni costo di omologare le espressioni usate da Grillo con quelle ben più deboli e sporadiche usate da Matteo Renzi.Accomunare un turpiloquio che sottende un pensiero violento ed autoritario con qualche aggettivo a malapena sopra le righe di Renzi è un’operazione vana ed inconsistente.

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