Mareggiare
di un mare familiare
ribollente
livori
fremente
di sotterranei furori
Sugli scogli
reliquie di foglie
da che autunni
a quali primavere
pervenute
fuori tempo e magione
come
nei cassetti
polvere di cenere
ai cambi di stagione
Rami incagliati
in bianche nuvolaglie
invadenti cieli nudi
a nuovo nati
su un mare in difesa
sovrastanti
che arretra
sfiancato
non in quiete
meditante nuovi agguati
da un fondo residuale
d’altro male
Un gabbiano fuori stormo
volteggia in vani ghirigori
rasente la scogliera
a fiutare dal pattume
esalazioni di terra.
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Betulle
Grovigli di radici espiante
di foglie in fiamme
di lavici sassi
di crateri riarsi
Verde nascente
che abbaglia
chi incauto s’addentra
in suo fulgido regno
come ascia s’abbatte
su quel che dietro
tutto si lascia
Membra distese
in femmineo abbandono
come in un dono
corpi protesi agli abbracci
braccia disciolte da languidi lacci
tronchi riversi
come dopo l’amore
che triste stanchezza
succede a vigore
E sole
sole all’andata
sole al ritorno
sole sul viso
sole sul collo
e niente che duri
e che maturi
Tutto mutato in un volger di passi
e di tempo
Stesso stupore
medesimo turbamento.
Anna Vasta
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