Non vogliono morire questi canneti di Andrea Galgano
Un amore totale ed invasivo verso il cosmo, cieli, terre, acque e città è, a mio parere, il tratto fondamentale che denota la poesia di Andrea Galgano. Certo, prevale una “cartografia” mediterranea che l’inclusione di San Pietroburgo non intacca ma arricchisce, così come avviene per le città dell’interno, Firenze e Bologna. Tutte, però, sono avvolte da luci e colori tratteggiati con una tensione emotiva ed entusiasta.
E poi le piante e i fiori sempre colti nei momenti di massimo splendore: ulivi, mirti, ogliastri, gelsomini, platani, araucarie, palme, fiordalisi, papaveri etc.
È il trionfo di una luminosissima natura mediterranea che ha fatto proprie anche provenienze esotiche come le araucarie.
Talora queste piante sono intrecciate ed amalgamate quasi in un unico elemento: «le segali / sono gocce menta e carrubi». Poi ci sono delle ardite e particolari sinestesie tra piante ed universo come avviene con il cielo tarassaco, l’astro lavanda, il cielo acacia. Accanto alle piante, lo sguardo di Galgano è preso dai cieli, dagli spazi celesti: la luna ritorna spesso nelle descrizioni così come le stelle, che vengono anche chiamate con i loro nomi esatti e particolari: le Perseidi, la costellazione di Dioniso.
E dentro la terra, quasi un posto particolare occupano quei canneti che hanno dato il loro nome al titolo del libro: «non vogliono morire questi canneti / scaldati dai lidi / sul corpo delle pietraie».
E accanto alle città, alle piante, alla natura, ci sono gli uomini, anche loro investiti dello stesso amore, direi dello stesso entusiasmo. Ci sono personaggi come Troisi e Jannacci, raccontati però con una simpatia e una dimensione amicale, che li spoglia da ogni dimensione esteriore di personaggi. E accanto a loro amici e conoscenti come Michele e Anna Antonia.
Questo entusiasmo e questo amore che investe l’universo e le sue creature trova nella fede cristiana la sua origine e la sua forza. C’è un «… Lui che ha creato l’Eterno / i grani delle cicale, / i gambi di erba sull’oceano». Ed ancora: «L’ostia è divenuta goccia / l’alba di Pasqua / dentro il Tuo cuore / è Tempo».
E tutta questa ricchezza di vita, questa profusione di luci e di colori, è raccontata con uno stile alto, pieno. Si sente, a mio parere, la lezione dei poeti spagnoli e latino-americani: ma è proprio lo sguardo e la tensione emotiva che spingono il poeta a questo tipo di scelta stilistica.
Una raccolta, Non vogliono morire questi canneti (Capire, CartaCanta, Forlì, 2019, a cura di Davide Rondoni) dominata dall’amore per la vita, l’universo, le persone e illuminata da una dimensione trascendente.
Umberto Piersanti