Bella Achatovna Achmadulina (Mosca, 10 aprile 1937 – Mosca, 29 novembre 2010) è stata sicuramente una delle voci più interessanti della poesia sovietica. Di padre tataro e di madre italo-russa, insieme al primo marito Evtusenko, a Voznezenskij e Rozdestvenskij, appartiene alla generazione poetica del disgelo che aveva permesso libertà di ispirazione e il distacco dalla retorica ufficiale del periodo stalinista. La sua figura poetica può essere considerata l’espressione di quel fenomeno tipicamente sovietico del divismo letterario. L’Achmadulina ha portato avanti un’originale ricerca sul linguaggio, guidata dalla purezza espressiva e dalla funzionalità simbolica della parola. Anna Achmatova e Marina Cvetaeva furono sempre un punto costante di riferimento per la poetessa e spesso affiorano nei suoi versi. Come i grandi romanzieri russi dell’Ottocento, il cui stile fu assorbito dalla poesia del Novecento, l’Achamadulina ricrea atmosfere concentrandosi sui gesti, sul particolare di un oggetto come aveva fatto Anna Achmatova. Ha ricevuto il Premio di Stato in Russia nel 1989,il premio Nazionale di Poesia Nosside in Italia nel 1992; il Premio Triumf in Russia nel 1993; il Premio Puskin in Germania nel 1994 e il premio LericiPea 2008 per l’opera poetica.
Si propongono in traduzione due sue poesie Di donne georgiane i nomi e La Georgia in sogno. Testi meni noti che hanno come tema la Georgia, la terra cui Bella Achmadulina si sente profondamente legata da un rapporto quasi viscerale: per lei la Georgia è un marchio nel suo patrimonio genetico che spesso affiora con grande intensità nei suoi versi. La Georgia non è solo un mondo onirico, che riaffiora dall’inconscio, ma una realtà fatta di suoni, come i nomi delle donne georgiane che si librano nell’aria, di sapori e profumi come quello della vite che ritroviamo in entrambi i testi e di paesaggi.
È anche luogo mistico e spirituale in cui la poetessa entra in comunione perfetta con Dio cui si affida totalmente e che loda nel suo manifestarsi nella sacralità della chiesa di Svetitskhoveli, le cui pietre rappresentano la pietra angolare sui cui si fonda la cristianità ortodossa georgiana.
di Marzia Dati
Сны о Грузии
Сны о Грузии – вот радость!
И под утро так чиста
виноградовая сладость,
осенившая уста.
Ни о чем я не жалею,
ничего я не хочу –
в золотом Свети-Цховели
ставлю бедную свечу.
малым камушкам во Мцхета
воздаю хвалу и честь.
Господи, пусть будет это
вечно так, как ныне есть.
Пусть всегда мне будут в новость
и колдуют надо мной
родины родной суровость,
нежность родины чужой.
1960
La Georgia in sogno
La Georgia in sogno– ecco la felicità!
E verso il mattino così nitida
è la dolcezza dell’uva,
ispirate sono le labbra.
Non è questo che rimpiango,
nulla io desidero –
nella dorata Svetitskhoveli[1]
accendo un’umile candela.
Alle piccole pietre di Mtskheta
Rendo lode e onore.
Mio Dio, fa che sia così come
adesso nei secoli dei secoli.
Fa che sempre a me siano note
e che mi ammalino
della nazione natia la dolcezza,
della nazione straniera la tenerezza.
Грузинских женщин имена
Там в море паруса плутали,
и, непричастные жаре,
медлительно цвели платаны
и осыпались в ноябре.
И лавочка в старинном парке
бела вставала и нема,
и смутно виноградом пахли
грузинских женщин имена.
Они переходили в лепет,
который к морю выбегал
и выплывал, как черный лебедь,
и странно шею выгибал.
Смеялась женщина Ламара,
бежала по камням к воде,
и каблучки по ним ломала,
и губы красила в вине.
И мокли волосы Медеи,
вплетаясь утром в водопад,
и капли сохли, и мелели,
и загорались невпопад.
И, заглушая олеандры,
собравши все в одном цветке,
витало имя Ариадны
и растворялось вдалеке.
Едва опершийся на сваи,
там приникал к воде причал.
“Цисана!” – из окошка звали.
“Натэла!” – голос отвечал…
1965
Di donne georgiane i nomi
Là nel mare vagabondavano vele
E, indifferenti al caldo,
lenti fiorivano i platani
per poi sfogliarsi a novembre.
E la panchina nell’antico parco
era bianca e massiccia,
e un vago profumo di vite emanavano
di donne georgiane i nomi.
Nomi appena sussurrati
che correvano verso il mare,
e nuotavano come un cigno nero,
dallo strano collo incurvato.
Rideva donna Lamara,
correva sulle pietre all’acqua,
rompendovi i tacchi,
e aveva le labbra truccate di vino.
E bagnati erano i capelli di Medea,
nella cascata di mattina aveva le trecce,
poi le gocce si asciugavano e svanivano,
e sciolti i capelli stavano al sole.
E sopra gli oleandri,
tutti raccolti in un sol fiore,
si librava il nome di Ariadna
per poi dissolversi in lontananza.
Appoggiato alla palafitta
l’imbarcadero sfiorava l’acqua.
“Zisana!” gridavano dalla finestrella
“Natela!” rispondeva una voce…
Breve nota biografica
Marzia Dati insegna lingua e letteratura inglese nella Scuola Superiore e svolge attività di docenza di lingua e letteratura russa . Nel 2004 è stata insignita del premio Donna dell’Anno impegnata nella diffusione della cultura dal prestigioso istituto americano American Biographical Institute del North Carolina. Dal 2008 rappresenta in Italia la Fondazione Internazionale delle Arti Stepan Erzia di Mosca, promuovendo l’arte russa attraverso l’organizzazione di conferenze, seminari di studio ed eventi culturali. Nel 2006 ha ottenuto il riconoscimento dal Ministro della Cultura della Repubblica della Mordovia (Federazione Russa) nell’ambito dello sviluppo dei rapporti culturali tra l’Italia e la Russia.
Collabora con varie università della Russia e ha collaborato con la Galleria Tretjakovskaja di Mosca e altri istituti di ricerca russi. Ha conseguito nell’anno 2013 il Master di II livello in “Traduzione di testi postcoloniali di lingua inglese: letteratura, saggistica, teatro e cinema” presso l’Università di Pisa ed è referente per l’ Italia della Dickens Fellowship di Londra. Lavora come traduttrice, si occupa in particolare di traduzione di poesia inglese postcoloniale e poesia russa. É vice presidente dell’Associazione Culturale Internazionale Stepan Erzia di Carrara per la promozione della cultura russa in Italia ed è socia del Lions Club Massa-Carrara Apuania.
Nel marzo di quest’anno è stata insignita dal Comune di Carrara con il Premio Carrara premia le sue donne, con la seguente motivazione “per aver promosso l’associazionismo culturale portando il nome di Carrara nel mondo”.