Valerio Magrelli e Salvatore Quasimodo

Umberto Piersanti

Premetto che ho grande stima di Valerio Magrelli come poeta e come intellettuale: alcune sue raccolte sono tra le più importanti della poesia italiana dei nostri anni.
Il giudizio dato su Salvatore Quasimodo nell’occasione della poesia dell’autore siciliano proposta agli esami di maturità, risulta superficiale e anche un po’ spocchioso. Magrelli afferma che Quasimodo è un poeta di secondo rango: ma che vuol dire essere di secondo rango? Anche Montale può essere considerato di secondo rango rispetto a Dante e a Leopardi. Quel che conta è che Quasimodo è un poeta importante e i suoi testi hanno tutta la necessaria dignità per essere proposti ad un esame di maturità.

La critica di Magrelli risulta palesemente ideologica, “un’ideologia formalistica” quando afferma che temi come le cavalle, i nudi fanciulli, le zagare sono antichi e lontani da un sentire contemporaneo. Con questo ragionamento potremmo dire anche che le donne, gli amori, le dolci imprese dell’Ariosto sono lontani dai nostri anni. Ma c’è qualcosa di più profondo: ci sono temi che non invecchiano e che solo una visuale altezzosa e ideologica può considerare esauriti. Si può parlare di zagare come Bertolucci fa con le rondini e le gaggie e il sottoscritto con i favagelli e le vitalbe. Questi temi non hanno minore dignità delle rotative del giornale per citare un argomento caro a Magrelli.

La più illustre vittima della superstizione modernista è stato Giacomo Leopardi: Milano lo rifiutò per quella lingua e per quei temi considerati affini a Vincenzo Monti.
Anche la poesia scelta con quella bella immagine della gazza nera che ride tra gli aranci è una tra le più significative di Quasimodo: molto più deboli le poesie civili del Secondo dopoguerra scritte secondo un engagement allora di moda.
Rallegriamoci dunque che in un momento di così grande disinteresse verso la poesia, una bella lirica di un autore importante sia stata proposta ai nostri studenti.

 Umberto Piersanti

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