Il mercato delle idee di Francesco Belluomini

Pelagos Letteratura. Rivista diretta da Umberto Piersanti

di Rossella Frollà

Il mercato delle idee
Endecasillabi narranti
Francesco Belluomini
Di Felice Edizioni, 2021

La parola esce libera da un «magma sconosciuto» e crea, provoca l’evento della bellezza. L’io sente il bisogno impellente di darne un segno. Il sé che risale la coscienza ricco di risonanze non si sa dove ci porta, quando e come la rêverie emetterà il suo canto. Prima del pensiero, prima della ragione il suo canto si risolve nel suono e assume le diverse forme secondo un dettato stabilito altrove. È l’anima che si fa strumento del canto. La parola coglie l’essenza e si crea la metamorfosi, l’Unità poetica che dona l’armonia dei contraddittori, il senso sociale, l’umana accessibilità all’intuizione, a quel già detto dentro di noi, allo stupore che rafforza l’elemento dinamico della vita, l’inevitabile mutare delle cose. L’intento nascosto di questo grande dono non è solo la gioia che si prova quando si crea, è anche la grazia che rende possibile elevare ciascuno al Silenzio contro il rumore caotico delle guerre, delle catastrofi naturali, delle corruzioni, degli sconvolgimenti valoriali, contro l’abitudine all’indifferenza che non ci fa cogliere il senso della paura di fronte al dramma. L’intento è un pensiero lungo sui fatti.

Questo libro di Francesco Belluomini non è solo un «testamento morale», un’«autobiografia in versi», è un insegnamento storico che non media alcuna giustificazione per ciò che non abbiamo vissuto in prima persona, per ciò che spesso non si riesce o non si vuole affrontare per imparare davvero. Il Silenzio è sempre possibile anche nel «rumore» presente. La sua profondità è nella parola, in tutta l’arte. È testimonianza che si fa «essere vivente» nel corso dei secoli. Quando tace la mente, la distanza è un elemento sorprendente del Silenzio: miniaturizza il tempo, il passato e le cose, la qualità sostanziosa, originaria degli eventi. In questi endecasillabi variamente ritmati si ascolta l’anima delle cose che ci chiama. E il poeta, come d’improvviso uno scroscio d’acqua luminosa, ci racconta l’orrore del Novecento, la Shoah che ha gelato ogni goccia e oscurato ogni sguardo cristallino, ogni azzurro è diventato nero d’improvviso come da un buco. E «per l’imposto volere della voce/che volle sollevare l’io nascosto», «caduto nella trappola ben tesa/dall’improvvida voce dell’inconscio» il poeta indossa le sue «scarpe vecchie» «come piccola storia di te stesso» e le emozioni ferite tornano a galla, narrano le Voci dall’inferno.

Belluomini fa una ricostruzione nitida, lucida dell’orrore umano più assurdo e inconcepibile che si sia consumato nel ‘900. Ma questo narrare col canto quieto e pacato si può fare solo con la dovuta lontananza, solo quando si è adulti e ci si libera di tutti i pesi e le scorie non necessarie e l’animo già conosce l’uomo. Il fumo delle ciminiere di Auschwitz sale alto e quieto, terrificante, passa sulle bocche e le chiama. Ogni storia grida col suo canto per essere letta altrimenti, nella folgorazione abbagliante del dolore, mai svuotato di senso e di speranza ma come quotidiano riscatto della memoria. Il tempo «suona note lugubri durante/la marcia verso i forni crematori» e un violinista lo accompagna. Così si coprono «i flebili lamenti della gente». Sono tante le vite «di tutti quei nascosti memoriali/di quanti deceduti messaggeri, «di quel tempo di follia/ e di disimpegnata umanità». È questo il dialogo silenzioso e prorompente con l’interiorità, col mondo che arriva da «quello spiritello d’anarchia/di toscano costiero di Viareggio», da un «libero pensiero» «che condiziona sempre l’ogni scelta». Da mozzo a marinaio, a nostromo, come «trottola impazzita» «con tutti quei mestieri praticati», «ma già sorpreso dalla impositiva/voce, quando salita dall’inconscio/per farmi manomettere la vita.»

Il poeta sa di essere andato lontano dalla bassa costa. Delle esperienze fatte, delle conquiste amate e sofferte ne trae vantaggio la parola che ben raccoglie «dai solchi seminati». Il riscatto impone di smettere la maschera di scena e l’io si abbandona al verso. Pare questo un modo, un diktat sconosciuto per vedere «cosa celava l’oltre della linea/che restava lontana dalla prua». Quel lontano ragazzino partito presto per il mare: «che presi tanto mare da fuggiasco/come se fossi figlio di nessuno» non può certo attingere a una gioventù spensierata per alleviare le amarezze della vita ma quel che troppo presto ha dato si fa risorsa, transfert di inestimabile ricchezza per una parola adulta. L’endecasillabo narra i viaggi per mari e porti e un’armatura d’orgoglio che ha dentro il dono delle lacrime. Questa onestà del dire rischiara la parola e una freschezza attraversa tutta l’opera come un altro approdo che non vede esaurito il dolore e la pietà e ci mostra lo stupore per una vita vissuta con tutto il suo peso, amata nel suo aprirsi e nel suo chiudersi. Una vera conoscenza del mondo e delle cose guarda alla verità che giace al fondo, alla storia seguendo tutto il suo perimetro d’azione. Un esempio è l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema «Per oltre quarant’anni/lasciata nell’oblio» (Di questo terrificante episodio l’autore ha raccontato nel romanzo Le ceneri rimosse). Il verso entra nella storia con serena lucidità, con un io limpido che non conosce intellettualismi di sorta perché questo dramma ancora si svolge nelle risonanze e nelle profondità dell’animo umano. Fin troppo facile decifrarne il significato. Così la parola osa udire le proprietà sonore di un immenso silenzio sulla faccia buia del mondo e scava con semplicità attraverso lo spessore rumoroso che lo circonda. È forse questa una vox ignota della parola dominante, una voce altra, fedele ai suoi valori: «Ma pure se perdente non transigo/tenendo barra ferma del timone/sulle rotte tracciate da me stesso.»

In questo «mercato delle idee» quelle del poeta «non sono in vendita» (scrive Federico Migliorati nella postfazione al libro) , sono la forza «di un poema epico di un’età senza epica» (Guarracino nella prefazione). Belluomini è una sorta di eroe senza macchia che narra e ausculta la verità di ogni cosa, un mondo sempre più fragile, il timbro della vita senza infingimenti, nel modo più semplice che esista: quello che mira alla sostanza. In trasparenza le piaghe e le ferite coincidono con il silenzio più pericoloso e una parola piena dal Silenzio libera i contraddittori del mondo. Tanto per lasciare quello spazio vitale, per non inaridirlo e non spegnerlo nel profondo.

Francesco Belluomini nel suo viaggio letterario ha ricevuto molti riconoscimenti nazionali e internazionali. La sua vena poetica lo porta a dare alle stampe molti libri risultando una delle penne più incisive nel panorama letterario del secondo Novecento Italiano. Alcune sue opere sono state tradotte in diverse lingue. Nel 1981 è ideatore e fondatore del prestigioso Premio Letterario Camaiore.

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