Un tracciato sui sentieri del mito

Pelagos Letteratura. Rivista diretta da Umberto Piersanti

Recensione di Il mito ritrovato. La poesia di Umberto Piersanti (Ezio Settembri, Industria & Letteratura, pp. 162, € 18,00)

Umberto Piersanti (foto di Dino Ignani)

Sotto l’insegna del mito Ezio Settembri dedica la sua prima monografia alla poesia di Umberto Piersanti: pubblicato questa estate per i tipi di Industria & Letteratura inaugurandone la collana di saggistica Backstage, Il mito ritrovato è un libro chiaro e compatto, denso eppure agile, in cui lo studioso percorre capitolo per capitolo, dagli esordi ai più recenti passi, tutta l’opera in versi di Piersanti. Settembri la analizza senza lasciarsi sfuggire i diversi sentieri che da quei versi si diramano e le vie parallele di altri maestri, mettendo anzi a frutto gli uni e le altre per trovare le convergenze significative e sentimentali, le differenze e le proprietà che caratterizzano un itinerario unico nel contemporaneo.

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È l’immagine di un’esperienza umana completa e totalizzante, dispiegata a cavallo di due secoli, maturata non per fulminanti conversioni quanto invece per una strenua, coerente, ostinata fedeltà ai propri principi e alle proprie intuizioni quella che Ezio Settembri restituisce con Il mito ritrovato. La poesia di Umberto Piersanti (Industria & Letteratura, pp. 162, € 18,00): nuovissima monografia dedicata all’opera poetica di Piersanti, questa di Settembri raccoglie in sé ciò che si mostrerebbe separatamente a più e da diverse parti, quello che oggi è forse visibile con unitaria integrità ma non per questo è esente da faglie, incertezze, dubbi, questioni se percorso lungo il suo intero sviluppo. Proprio adottando una prospettiva che va, in parallelo a quella del poeta, «dal particolare all’universale» (p. 14), Settembri privilegia nel suo studio la minuziosa rassegna di ciascuna raccolta dell’urbinate rispetto a un discorso impostato per ipotesi: composto per schede di analisi sincronica al cui centro sono le letture del singolo libro corredate di notizie e riferimenti coevi, il saggio ha nel complesso la struttura di un itinerario diviso in tre stagioni, nel quale ogni capitolo assume la forma di una stazione e la dimensione diacronica è resa attraverso i continui rimandi ai passi precedenti e a quelli successivi.

Raccolte bibliograficamente attività e ragioni, posizioni contrarie e similari nel campo letterario, recensioni e studi anteriori, Settembri aggiunge alle fonti la propria sensibilità di critica e di gusto, applicata in modo particolare ai numerosi brani presenti: ne consegue una disamina che, memore della lezione di Carlo Bo, abbraccia vita e opera, storia e letteratura, nella specifica congiunzione di pensiero, percezione ed emozione propria della poesia; il risultato è un testo che non si limita con specifiche metodologie, bensì lascia attraversare i diversi piani accostati alla lettura dei versi dentro la loro autonomia. Da questo approccio emerge uno dei meriti riconoscibili a Settembri per questo approfondimento, il quale coincide con l’adempimento di uno dei propositi dichiarati come motivazione del libro: identificando le raccolte di Piersanti come un insieme vitale e progressivo, sempre in tensione «tra tradizione poetica […], volontà eternatrice della poesia in un tempo assoluto, e malinconia nella realtà presente» (p. 13), mai soggetto a voghe o accademia, Settembri riesce a riportare attenzione alla produzione dei primi decenni di attività dell’urbinate, a rivalutarne il peso artistico cogliendo le «connessioni feconde fra l’opera matura e tutta la parte anteriore a I luoghi persi, più o meno colpevolmente ignorata dalla critica» (p. 12).

Il successo pratico di questo approccio e merito è rintracciabile fin dall’indice, ovvero nello spostamento del baricentro critico indietro, a Passaggio di sequenza, libro in cui Settembri riscontra il ritrovamento del mito tematizzato nel titolo, spostamento il quale comporta una tripartizione dell’opera di Piersanti anziché una sua bipartizione con I luoghi persi come cesura; ma, ancora, tale successo è evidente nei commenti alle poesie citate da quelle raccolte anteriori, le quali sono selezionate e analizzate per il loro valore specifico, e dunque valide anche come simboli della compiutezza espressiva di una puntuale tensione vitale. Si veda ad esempio il commento di Frammento lirico dall’esordio di Piersanti, La breve stagione («Ricordi la casa perduta tra i greppi / il sapore del fieno / e l’immensa famiglia contadina? / Il primo bacio stupito ai Cappuccini / e Dio e la morte a sedici anni?»):

Così recita Frammento lirico, esempio di composizione essenziale, breve, come breve è la maggior parte dei versi di questa prima raccolta, tanto da far pensare a un accostamento agli ermetici, per il ricorso all’analogia, la pausazione sapiente, l’arte del tacere e ancora l’abolizione degli articoli, oltre alle citazioni o frequentazioni, che abbondano in questo primo libro, per diradarsi sempre di più verso la maturità, quando lo stile potrà riprendere con naturalezza lo spirito dei maestri. Tuttavia la poesia di Piersanti resta lontana dalle premesse ermetiche, non solo perché accostabile alla saga familiare di Bertolucci, alla poesia domestica di Saba, al mondo nostalgico delle Poesie a Casarsa di Pasolini […]; ma è lontana anche per quell’ansia comunicativa che lo avvicina al versante della linea lirico-narrativa […].

Come non vedere infatti in quella breve poesia, esplicitati i suoi punti di riferimento, i prodromi, se non la promessa, di tutta una poetica allora di là da venire? Ma si potrebbe continuare ancora con il commento alle poesie conclusive della raccolta successiva, Il tempo differente, da cui emerge tutta la verità intima, personale ed estetica, della partecipazione dell’autore alla sua storia, e ciò proprio in virtù delle sfaccettature emotive diverse e contrastanti, all’opposto di una aderenza monolitica, che riguardano questa verità (pp. 35-38). È però doveroso segnalare almeno altri due meriti, tra loro connessi, che discendono dall’approccio adottato da Settembri e sono concretizzati nella monografia. I sostegni del discorso critico di Settembri non si limitano a una comparazione interna alla poesia, siano gli esempi colti da diversi autori, i maestri del Novecento e non solo, oppure nell’opera di Piersanti stesso, bensì si allargano a considerare sia prose collaterali (si pensa alle citazioni da Montanelli e da Piovene sui paesaggi), sia la produzione filmica e in prosa del poeta di Urbino: ne discendono da una parte una descrizione a tutto tondo, antropologica, non dimentica di fornire uno sfondo di realtà necessario allo studio per evitare l’astrazione; dall’altra parte una trattazione complessiva che, ponendo i versi al centro come un motore propulsivo, mostra la comunione sostanziale tra le diverse forme espressive in una compenetrazione estetica mai sbilanciata.

Tutto questo consente al saggio di Settembri di essere assieme una guida utile al lettore curioso e allo specialista: se al primo potrà fornire una panoramica accurata, in grado di scoprire e mettere in luce punti e parti meno raggiungibili, il secondo ha oggi a disposizione uno studio dettagliato, completo, ragionato, capace di provocare questioni ulteriori a quelle che esaurisce, quindi di stimolare nuovi attraversamenti: con questo tracciato a disposizione sarà ora più facile entrare nel folto dei sentieri.

Costantino Turchi

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