Ricordo di Marina Baldoni
Conosco da sempre Francesco Scarabicchi, il poeta. Di persona lo incontrai in una estate del 2010, “complice” una commemorazione di Scataglini al Parco del Cardeto ad Ancona. La sua città, di nascita e di ispirazione.
A questo incontro ne seguirono altri, per lo più convegni o presentazioni letterarie, che mi hanno permesso di conoscere meglio lui e le persone a lui vicine. La gioia di ascoltare il poeta e lo scrittore si univa a quella di poter poi chiacchierare in modo amichevole di mille altre cose. Era una persona di una grande riservatezza, eppure, ogni volta che si trovava in pubblico, la sua disponibilità all’ascolto e la sua gentilezza nel relazionarsi con l’altro erano impagabili.
Ricordo con grande affetto gli incontri organizzati in nome della Poesia, i momenti conviviali che seguivano e che proseguivano in modo meno formale il confronto sulla letteratura e sulle arti.
La poesia dei giorni, delle emozioni legate al passare del tempo – profonda, delicata e non sempre felice – era nei suoi versi come nel suo sguardo. Malinconia e nostalgia hanno accompagnato la sua vita e i suoi scritti, e quel senso di stupore che appartiene ad ogni poeta e che apre allo stupore anche colui che lo legge.
Il mio ricordo di Francesco sarà sempre legato, oltre che alla sua poesia, alla sua gentilezza e al suo sorriso, come pure alla sua onestà intellettuale e alla franchezza nell’esprimere le sue valutazioni e le sue considerazioni.
Di seguito riporto una sua breve poesia tratta da IL PRATO BIANCO (Giulio Einaudi editore).
Nel fondo
Il poco più di notte
che si attarda
sul manto delle more
non tradisce
quel che di te non dici,
gli anni muti
scivolati nel fondo,
in lontananza.
Bel ritratto, Marina. Grazie.
Un grande abbraccio da Guido Garufi
Rimane il fascino discreto, un notturno di notte sulla notte delle more, come dire notte più notte vellutata. Mi piace.