Nell’antico Ducato

Narratore e poeta, Umberto Piersanti in questo breve ma vivace libro di dodici racconti, intitolato Nell’antico Ducato (ed. affinità elettive, Ancona 2022), ci offre uno sguardo appassionato del Montefeltro e in particolare di Urbino e delle Cesane: luoghi ai quali è legata la sua vicenda personale e letteraria.

Quale cantore delle Cesane, definite da Carlo Bo le sue Georgiche familiari, Piersanti è da sempre stato affascinato dall’oralità: nelle culture orali, la parola diviene anche azione, quasi una rappresentazione capace di far rivivere le scene, coinvolgendo totalmente nella situazione narrata l’uditorio. La forza denotativa della poetica dell’urbinate si ritrova, infatti, nella forza espressiva della parola, nel suo afflato vitalistico, quasi carnale e nei suoi colori caldi e vividi. Mille voci emergono dalla sua ispirazione lirico-narrativa, attraversate dal mito, ma calate in un sentire contemporaneo.

Questo libro, caratterizzato da una scrittura libera e ariosa, nasce realmente dall’oralità, dalla dettatura improvvisata al telefono dei vari racconti ad una segretaria, che diligentemente li trascriveva. È stata un’occasione particolare, infatti, dovuta ad una richiesta dell’azienda Benelli di Urbino, la ragione che ha dato vita a questo libro, scritto in modo felice.

La poesia e la prosa hanno da sempre convissuto nell’autore, ma nei romanzi piersantiani non si può parlare di una prosa lirica o d’arte, anche se quello che accomuna questi due mondi sono i luoghi e lo sguardo del poeta difronte al mondo e alle cose. Un possibile modello di riferimento a questa particolare prosa può riscontrarsi nella Luna e i falò di Cesare Pavese.

L’armonia è la ricerca costante di Umberto Piersanti: un’armonia dentro la natura, anche se è circondata dai rovi e dagli spini in ogni suo palpito. Nel racconto La caccia, dinnanzi alla lepre uccisa dallo zio, il giovane protagonista rimane profondamente colpito dalla vista di quella vita stroncata in un attimo, che prima correva sicura tra l’erba: “adesso Marco aveva visto la caccia e la crudeltà: non era più così contento di vedere lo zio con il fucile imbracciato, di sentire la vampa e il tuono come quelli disegnati nei giornalini”. Si consolerà soltanto quando lo zio gli parlerà di come è buono il sugo alla lepre sulle tagliatelle. È inalienabile, quindi, il dolore tra tutti gli esseri viventi, anche se la ricerca dell’attimo perfetto d’armonia e di bellezza rimane per l’autore un campo “d’ostinato amore.”

Lo sguardo contemplativo del Nostro, la sua tensione verso un equilibrio di forma e contenuto, in atmosfere permeate di fiabesco, scaturiscono senz’altro dai luoghi incantati in cui ha vissuto, che costituiscono la sua patria poetica: le Cesane e Urbino, città ideale, una delle capitali del Rinascimento. Così Piersanti nel racconto Nella nebbia un pezzo di mura si dissolve ci descrive il palazzo ducale di questa città: “la verticalità gotica e orientale dei Torricini si incontra con le perfette misure del gusto toscano. Laurana veniva dalla Dalmazia e certamente aveva visto i minareti delle terre turche confinanti. D’altra parte, però, risplendeva il perfetto equilibrio dell’architettura rinascimentale: il cortile del palazzo era un esempio di armonia classica come solo a Firenze o a Pienza puoi trovare.”
Sognata e immaginata da Federico di Montefeltro, raffinato uomo politico e umanista, Urbino nel Rinascimento visse un periodo di straordinaria fioritura artistica e culturale e vide personaggi quali Piero della Francesca e Raffaello.

Il contenuto dei racconti è vario, perché talvolta riguarda accadimenti realmente avvenuti in anni recenti : l’incendio alle Cesane; il crollo di un torrione delle mura di Urbino, avvenuto vicino alla casa dello scrittore Volponi, che, grazie agli interventi delle autorità preposte e ad importanti personalità del luogo, tra le quali il rettore dell’Università Carlo Bo, ha portato all’attuazione della legge del ’92 , rivolta alla salvaguardia delle mura, dei castelli e delle rocche di Urbino e dei trenta comuni dell’antico ducato di Montefeltro. Inoltre, Piersanti ricorda la difficile decisione presa dal sindaco Giorgio Londei, coadiuvato dall’allora nostro giovane poeta (nel racconto non si identifica), tesa ad impedire la costruzione di un grande albergo sulla Ripa del Sasso e la realizzazione di abitazioni sul Monte del Vescovo, che avrebbero deturpato il paesaggio. Scrive l’autore: “Sì, la forza di Urbino è anche quella del perfetto incastonarsi della città Ducale tra le sue colline: era come trovarsi in un quadro di Perugino o del Barrocci che in tutti i suoi dipinti luminosi o od oscuri metteva Palazzo Ducale e i Torricini in primo piano o, più spesso, sullo sfondo.”.

Quando Umberto Piersanti ci narra vicende ambientate in epoche passate, come nei racconti: La fuga di Guidobaldo, Un armigero montefeltresco alla battaglia di Lepanto, I partigiani, pur lasciandosi trasportare dalla fantasia, non tradisce mai una sicura ambientazione storica degli avvenimenti. Il poeta, del resto, ama profondamente la storia e ciò è testimoniato da due dei suoi romanzi: L’estate dell’altro millennio e Cupo tempo gentile. Altri racconti infine riguardano avventure di adolescenti negli anni ’40, riconducibili ad una memoria mitizzata dell’adolescenza propria dell’autore. Particolarmente toccante è il racconto Partigiani, che termina con la morte di uno dei tre ragazzi il giorno stesso in cui si erano uniti alle forze di liberazione: “Enzo scendeva con i compagni verso Pascelupo, / la sua prima giornata da partigiano era terminata. Sì, la causa era giusta, ma Giovanni era morto.” E nulla ora lo poteva consolare neppure i colori sgargianti dell’autunno.

Una lettura agevole e luminosa al contempo ci offre Nell’antico Ducato, un libro intessuto dalle più varie suggestioni, fedeli a quel mondo memoriale, dai toni fiabeschi, ricco d’una natura pullulante, talvolta crudele, del nostro scrittore urbinate.

Raffaella Bettiol

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