Recensione di ‘Per cieli e per astri’ di Lorenza Bizzotto

Per cieli e per astri

La poetica di Lorenza Bizzotto nel suo recente libro: Per cieli e per astri, pubblicato da Arcipelago Itaca nel 2021, con risvolto di copertina di Umberto Piersanti, nasce dal distacco, dal senso di orfanezza per la perdita della madre, la cui presenza, nel denso della natura, riaffiora in attimi divini e inafferrabili. “Niente ci plasmava/ meglio di quel vento, / di quella foglia immota, / compresa tra la piana assolata/ e il monte fresco di ribes/ appena colto”. Ed è l’elemento naturale benigno ed epifanico, in un susseguirsi di mutamenti, di accensioni improvvise, a darle conforto, a farle percepire e amare dimensioni cosmiche. Scrive nella poesia Fu quando il sole: “fu quando il fulmine/ disegnò la sua curva, alta tra i cirri;/ fu quando l’orizzonte cessò d’esistere/e il vuoto mi colse, negli spazi infiniti”.

L’io poetico della Bizzotto richiama la grande tradizione classica e presenta aspetti psicologici e meditativi, che suggeriscono accenti, propri del Romanticismo, in particolare di quello nordico Ma rivela inoltre uno sguardo attento e preciso a tutti i minimi dettagli del paesaggio: “Conosco una radura, / ai margini del bosco/chiara d’acque e di luci;/ vi attendo scoiattoli e volpi/ negli autunnali mattini;”. La patria poetica della nostra autrice è situata nei paesaggi verdi e montuosi di Bassano del Grappa, cittadina situata tra il famoso Monte Grappa e i sette comuni dell’Altopiano di Asiago, dove si è svolta e si svolge la vicenda umana di Lorenza Bizzotto. Il libro, suddiviso in tre sessioni (Stagioni, Riflessi, Sogno) è dedicato alla madre e alla ricerca dell’attimo perfetto capace di risvegliare e di far rivivere i momenti felici di un’esistenza; nella lirica Infanzia risuonano gli ultimi versi: “Era l’ora in cui il pulviscolo/ svaniva, tra i papaveri/ in ombra e i fiordalisi. / Era l’ora dei bagni/ nel greto azzurro del fiume”.

Valore simbolico e reale al contempo assume la natura, che muta a seconda delle stagioni e degli stati d’animo della poetessa: “Gelo, ancora gelo/ e un lampo, improvviso, / un barbaglio di luce/guizzante tra le cime”. Il mondo creaturale nella poesia bizzottiana è il luogo del sogno, dell’armonia in cui regna l’amore: “Amami e stupiscimi ancora, / dal fondo di notti senza nubi e vento, / amami se il mondo che hai lasciato/ è questo che ora vedo e sento”. Ma è anche il luogo della memoria, dello scorrere inesausto di giorni, del trasalimento, del perdersi in una dimensione panica.

L’eleganza espressiva ed un attento controllo della parola sono il tratto distintivo di questa poesia, che lontana, come nota Umberto Piersanti, da ogni indirizzo oggi vigente riconosce in sé la lezione del Leopardi e del Pascoli e di poeti moderni, divenuti classici.
La vocazione lirica di Lorenza Bizzotto, in definitiva, attraverso tempi di sospensione, frammentarietà, domande inevase, sa giungere da una percezione concreta e simbolica del creato, ad una dimensione dell’indefinito e dell’illimitato: “Lascia che l’azzurro/ scolori e trapassi, / per cieli stellati e per astri “Ed è il richiamo all’azzurro, in fine, colore prediletto dai romantici e dai simbolisti, che ricorre nei testi dell’autrice, a segnare il suo desiderio di quiete e di pace interiore. Ricorda Sandro Penna : “Il mare è tutto azzurro./ Il mare è tutto calmo./ Nel cuore è quasi un urlo/ di gioia. E tutto è calmo.”

Raffaella Bettiol

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