A ogni stazione del viaggio di Loretto Rafanelli

Su A ogni stazione del viaggio di Loretto Rafanelli (Jaca Book, 2021)

A ogni stazione del viaggio di Loretto Rafanellidi Luigi Colagreco

A otto anni dalla pubblicazione della raccolta L’indice delle distanze (Jaca Book, 2013) Loretto Rafanelli ci offre ancora una volta la sua voce gentile e carica di forza calma. Nelle poesie di A ogni stazione del viaggio le parole prendono la consistenza di un rimedio, quasi desiderose di accollarsi il dolore e lo sconforto del mondo: «A voi consegno / il pianto senza lacrime di una poesia», si legge ne “Il pozzo del dolore”, dedicata agli studenti di Ayotzinapa uccisi dai narcotrafficanti messicani. (1) La voce del poeta è delicata, accarezza e si fa, nella costruzione poetica, discorso civile:

Non si contano più i morti della guerra
siriana. Quelle bocche arse dalla sabbia
nera. Perché le cronache del mondo
sono respiri di ossa, di vene,
di braccia, nel forno freddo
della storia. E come trattenere i fitti lamenti
dei piccoli, come abbracciare
i loro transiti fissati nei muri, come
censire anni di squarci, di fuoco, di buio
nel buio, di fiori sbiaditi. E l’odore
guasto è la tinta del cielo e nulla
ci indica la via di Aleppo. (2)

A guardar bene, il titolo della raccolta non è solo un ossimoro: è la dimensione stessa dell’esistenza. Il viaggio di Rafanelli è un itinerario segnato da tappe che sono momenti di passaggio, a volte veri e propri strappi, una geografia personale che marchia i solchi della memoria. Ciò, in fondo, è quello che accade a ognuno di noi se il viaggio che compiamo, ricompone quello che siamo e scompiglia e ricombina le nostre scaglie di luce come in un caleidoscopio.

In questa mappa di stazioni non c’è gerarchia: Campobasso convive con Porretta Terme, Lussemburgo con Riccione, Venezia con Città del Messico. Tutti i luoghi hanno pari dignità di visione. Sono gli spazi di una comunità che si ascolta reciprocamente e fraternamente. Il dialogo con Jean Portante, con Tiziano Broggiato e Roberto Carifi, con Víctor Rodríguez Núñez e Roberto Mussapi, è una condivisione profonda di un percorso poetico che è amicizia e sentire comune. Dialogo che è collegamento tra esperienze e idee diverse, diversi scorci, diversi paesaggi, come quel legame reso possibile dalla strada 64 «che unisce le staffette di tanti / viaggi, tra paesi ormai sciolti in vaghe / tracce». (3)
Tutta la vita raccolta da Rafanelli è un attraversamento di tante e diverse vite che trasmigrano in un circolo perpetuo con addosso impressioni provenienti da più livelli dimensionali: «Ma vita che dici / di tante vite, chiama sempre / non dimenticarci». (4)

Queste vite, o meglio alcuni momenti precisi, sono un appiglio a cui aggrapparsi, quasi per fissare a forza una serie di immagini. Si finisce così per mettere insieme un gruzzolo di resti materiali, veri “reperti biografici”, che a mo’ di cellule staminali possono ricostruire e ristrutturare la nostra visuale: «In questo andito i tamburi battono / in una spiaggia sconosciuta, / e le pareti si fanno leggeri / cenni, non serve / cambiare lo sguardo / perché ormai è inverno». (5)
La ricerca di frammenti di esperienze è esemplare ed emerge nelle enumerazioni di “Il cielo bianco di vento. Una nenia finale”:

Il cielo è bianco di vento,
mentre un manto di buio colore
sfiata le cime, le pianure, i boschi,
e i mari, pregano gli uomini,
le donne, i bambini in una lingua
spenta dai respiri, in una litania
amara e colpevole

orcella, Dodo, antropocentrismo, Blåfonna,
ecocidio, ape, Kolkata, Mumbai, campanule,
Miami, genziane, New York, ginestre, Tokyo. (6)

Pezzi di carta, biglietti scaduti, cartoline, pizzini, ecc., una documentazione della mancanza che evoca luoghi, parole e persone lontane. Tutto quello che abbiamo lasciato da qualche parte e che vorremmo portare per sempre dentro di noi.

  • Da “Il pozzo del dolore”, vv. 55-56, p. 21.
  • “Notizie da Aleppo”, p. 26.
  • Da “La strada 64”, vv. 2-4, p. 97.
  • Da “Vita che dici di tante vite”, vv. 10-12, p. 24.
  • Da “Quando la notte”, vv. 6-11, p. 60.
  • Da “Il cielo bianco di vento. Una nenia finale”, vv. 1-10, p. 83.
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