Recensione di “Cupo tempo gentile” su Tuttolibri – La Stampa

Quello studente in fuga dalle parole d’ordine

di Massimo Raffaeli
La Stampa – Tuttolibri
9 giugno 2012

Esistono romanzi in forma di ballata che raccontano una storia in soggettiva ma sanno catturare lo spirito del tempo. E’ il caso di Cupo tempo gentile, dove uno dei nostri maggiori poeti, Umberto Piersanti, deposita i ricordi di un ’68 vissuto in provincia e da una specola particolare, Urbino, che è il simbolo del Rinascimento, un’entità così perfetta da sembrare estranea ad ogni contingenza dello spazio-tempo. Nato nel 1941, poeta di spessori terrigeni che privilegia il segno netto e il canto (dunque in controtendenza rispetto alla sua generazione, come testimonia già nel ’94 la raccolta I luoghi persi, prima parte del trittico einaudiano che lo ha rivelato al grande pubblico), Piersanti ha ricostruito l’alveo e il prospetto storico da cui si origina la propria esperienza di uomo e la sua parola di poeta, prima in un libro di levità mitografica (L’uomo delle Cesane, Camunia 1994) poi in un più grande affresco sugli anni della prima infanzia, L’estate dell’altro millennio (Marsilio 2001), cui era seguito, nei modi di una predella tutta dipinta al presente, Olimpo (Avagliano 2006). Ora, Cupo tempo gentile occupa il frangente centrale, decisivo, del romanzo di formazione e perciò gli anni della giovinezza. Suo portavoce è Andrea, studente in ritardo sia sul piano di studi sia, specialmente, sulle parole d’ordine che di colpo prendono a echeggiare fra le pietre antichissime dell’ateneo feltresco. Andrea è un poeta che ancora non sospetta di esserlo, è un ragazzo chiuso nel proprio “tempo differente” dove il ritmo della grande storia è sfasato ovvero proiettato ab origine nel cielo naturale, cioè dentro un universo (piante, animali, esseri umani) il cui fiore più glorioso e struggente è il corpo femminile. Infatti Andrea partecipa alle lotte del Movimento ma il suo distacco è progressivo: egli non abiura da nulla, ma riconosce l’inerzia delle parole d’ordine, l’ambiguità di certi miti che si vogliono salvifici, il pericolo incombente della intolleranza e della violenza estremista. La sua non è una fuga, bensì la digressione progressivamente consapevole verso una alterità che divenga equilibrio esistenziale e scambio simbolico fra eguali: alla cupezza che ipoteca l’ardore della rivolta, oppone infatti una diversa impellenza e si direbbe la poetica gratuità della “gentilezza” fra gli esseri umani.

Una delle pagine più intense del romanzo rammenta la Festa degli Aquiloni che si tiene a Urbino ogni 3 di settembre, implicito omaggio a Giovanni pascoli che vi scrisse una fra le sue più celebri poesie: “E salivano i ragazzi da tutte le contrade […] Ogni contrada con tutti i suoi colori e sul viale che porta alla Pineta, stretto fra sassi e platani disposti sulle file parallele e ben ritmate, era tutto un intreccio di forme e di colori nella limpida luce di settembre”. Sono versi endecasillabi, l’emblema di una coralità diversa, di una humanitas ancora possibile.

Umberto Piersanti, “Cupo tempo gentile”
Marcos y Marcos, 2012
La scheda del libro

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